Si affaccia su una strada molto trafficata. È sacrificata in mezzo ai palazzi del centro storico ed è probabile che la gente ci passi davanti senza nemmeno notarla. Ha una facciata un po’ anonima e di un colore giallognolo smunto… insomma, la Chiesa di San Francesco d’Assisi in via San Francesco d’Assisi a Torino non invita proprio i passanti ad entrarvi dentro ed è un peccato, anzitutto per le sue antiche origini risalenti al XIII secolo (la chiesa è stata ricostruita successivamente in forme barocche e vi lavorò anche l’architetto Bernardo Vittone). L’interno è poi enorme a dir poco e non sembrerebbe proprio osservandola da fuori. È la chiesa che ebbe come rettore San Giuseppe Cafasso e dove San Giovanni Bosco celebrò la sua prima messa il 6 giugno 1841. Da non dimenticare le numerose opere d’arte, che però non si vedono affatto essendo la chiesa immersa nella più totale oscurità.
A parte tutto ciò, quello che mi ha colpito davvero è che nel convento tempo fa era conservato un quadro particolarissimo, una chicca per chi ama i soggetti macabri. Il parroco mi ha raccontato che una ventina d’anni fa la Soprintendenza ha prelevato la tela per farla restaurare e che da allora non si sono avute più sue notizie. Il parroco spera di poterla rivedere prima di morire (sic!)… ho mandato un’email al laboratorio di restauro più importante in Piemonte chiedendo se l’opera fosse presso di loro (così il parroco ha ipotizzato), ma nessuno mi ha risposto. Chissà dov’è finita, credo comunque che molto probabilmente sia in deposito presso la Galleria Sabauda o presso il Museo Diocesano.
Si tratta di un quadro di 2m x 2.50m, eseguito nel 1627 dal pittore Giovan Battista della Rovere, che raffigura una complessa e fantasmagorica allegoria della vita umana all’interno di una sorta di architettura. Secondo lo storico dell’arte Giovanni Romano, forse la tela faceva parte di un apparato funebre più ampio e forse il soggetto venne ideato da Emanuele Tesauro, retore e, tra le altre mansioni, anche responsabile iconografico degli apparati per le cerimonie funebri presso la corte sabauda.
Osserviamo insieme l’immagine fotografica partendo dall’alto. Abbarbicati in cima ad un timpano sono due puttini piangenti che in mano tengono ciascuno una fiaccola capovolta (simbolo della vita che si spegne). Tra i due angioletti si trova una clessidra che solleva le sue braccia scheletriche (!) per scagliare un sasso con il quale la vita dell’uomo viene spezzata. Al centro del timpano è posizionato un teschio. Sotto, all’interno di un arco, se ne stanno le tre simpaticissime Parche: una tesse il filo della vita, l’altra lo avvolge attorno all’arcolaio e l’ultima lo taglia. Ancora più sotto troviamo Adamo ed Eva: Adamo a sinistra coglie il pomo, origine di tutti i mali, dalla mano di Eva raffigurata sulla destra. Sotto le mani dei due che si toccano è dipinto un altro teschio – tanto per cambiare! -. I due progenitori dell’umanità sono praticamente sdraiati in cima alla ruota della vita terrena, che si divide in otto raggi. Negli spazi lasciati dai raggi sono raffigurati i teschietti dei potenti: papa, cardinale, vescovo, re, imperatore, doge… tanto la morte agisce come una livella su tutti, non importa a quale classe sociale si appartenga. Al centro della ruota si trova poi un puttino seduto su un globo che soffia in una cannuccia delle bolle di sapone (simbolo dello stato effimero della vita e dei beni terreni). Sotto la ruota si intravede un volto barbuto a sua volta con sotto un sarcofago scoperchiato con un cadavere all’interno.
Ai lati della composizione, su due piedistalli, due scheletri fungono da colonne: con le braccia e il capo sostengono la trabeazione su cui si trovano l’arco con le Parche e il timpano. Ai lati di questi ultimi, due obelischi, affiancati da mucchietti di ossa, in cima ai quali sono due teschi con le mandibole deformate culminanti con due croci.
Nel quadro si inseriscono anche iscrizioni in greco e latino. Il greco non l’ho studiato e quando a scuola c’era lezione di latino io pensavo decisamente ad altro, perciò sbizzarritevi voi nella traduzione. È certo comunque che siano tutte frasi che hanno a che vedere con la morte, il tempo che passa e la caducità della vita terrena.
Sicuro che un’immagine del genere colpisse – allora come oggi – nel segno… veramente spaventosa vista in foto, figuriamoci dal vivo – se di vivo si può parlare, dato il tema -!!
NB: l’immagine è tratta dal libro del 1935 dedicato alla Chiesa di San Francesco d’Assisi.