Forse qualcuno di voi ricorderà che questo inverno io e il Principe Consorte abbiamo fatto una bella gita a Novara in occasione della mostra “Ottocento in collezione. Dai Macchiaioli a Segantini”, allestita presso il Castello Visconteo. Era da tanto tempo che volevo visitare la città che diede i natali alla scrittrice Maria Antonietta Torriani, in arte Marchesa Colombi, di cui vi ho parlato nel mio articolo sulla Rivista Savej. Desideravo poi vedere finalmente da vicino la basilica di San Gaudenzio sormontata dalla famosa cupola progettata da Alessandro Antonelli, proprio quella che ha ispirato il design della caffettiera Alessi! E, dulcis in fundo, volevo assaggiare qualche dolcezza tipica, come i Biscotti di Novara o il Pane di San Gaudenzio. Vi starete chiedendo: ma come, non è andata al cimitero? Ebbene no, ma lo farò presto, non temete!
Appena arrivati a Novara, ci ha accolti un freddo polare. Allora per scaldarci ci siamo subito messi in marcia verso la basilica, percorrendo le viuzze del centro storico. Siamo passati per quello che è considerato il centro esatto della città: piazza Cesare Battisti (già delle Erbe), il luogo dove la Marchesa Colombi nacque e abitò prima di trasferirsi a Milano. Ogni tanto vedevamo la cupola spuntare e sparire oltre i palazzi, un po’ come capita a Torino con la Mole Antonelliana… alla fine ci siamo trovati proprio sotto di lei e abbiamo potuto ammirare il suo slancio verticale di 126 metri. Progettata nel 1841, la cupola fu terminata nel 1878. Vista la cupola, siamo entrati nella chiesa che, pur non essendo la principale di Novara (lo è invece la Cattedrale di Santa Maria Assunta), è certamente quella più cara ai fedeli perché conserva i resti veneratissimi di San Gaudenzio, il primo vescovo della città.
Io e il PC siamo stati fortunatissimi, perché siamo capitati a Novara a fine gennaio, esattamente nella settimana in cui ricorre la festa del santo, che è anche il patrono della città! E così abbiamo trovato aperto lo “scurolo”, il luogo dove si conservano le reliquie di San Gaudenzio e che durante l’anno è sempre
chiuso. Ma chi era Gaudenzio? Visse a cavallo tra IV e V secolo ed era originario di Ivrea. Si racconta infatti che fu educato al cristianesimo da una nobildonna eporediese, Santa Giuliana. Di lei vi ho parlato nel video del canale YouTube riguardante la chiesa dei Santi Martiri a Torino. Fu Sant’Eusebio da Vercelli a convertirlo in maniera definitiva. Divenuto sacerdote, fu inviato a Novara per diffondere la dottrina e qui sarebbe morto il 22 gennaio 418. Di questo personaggio poco si sa a livello storico, ma durante il Medioevo tante leggende sono nate sul suo conto. Una di esse narra che nel giardino di Gaudenzio fiorissero le rose anche in inverno. Chissà! A ricordare “il miracolo delle rose” ogni 22 gennaio si tiene una particolare cerimonia: le rose di ferro che decorano il lampadario della basilica vengono pulite dal Comune e benedette dal vescovo prima della messa in onore del santo.
Prima di essere trasferite solennemente nello scurolo, l’11 giugno del 1711, le reliquie erano conservate nella Cappella di San Giorgio.
Lo scurolo è un tempietto a pianta ottagonale costruito tra 1674 e 1711 su progetto di Francesco Castelli. Si trova nel transetto destro della basilica e per arrivarci bisogna percorrere una scalinata, perché è rialzato rispetto alla pavimentazione della chiesa. L’ambiente è piccolo e raccolto, invita alla preghiera e alla riflessione. Ciò che mi ha colpito di più è stato il colore. Lo scurolo è tutto in marmo nero come il carbone (e in effetti la parola scurolo indica un luogo scuro), la luce sembra emanare solo dall’urna d’argento che custodisce le reliquie. Se si alza lo sguardo, ci si ritrova ad ammirare la volta affrescata con la gloria del santo. L’opera è del Legnanino, artista lombardo che lavorò anche a Torino. Lo troviamo ad esempio nei palazzi Barolo e Carignano e nella Cappella dei Mercanti.
I novaresi sono molto devoti al loro patrono e vanno a portargli il loro omaggio quando lo scurolo viene aperto. Alcune persone hanno con sé degli oggetti. Li passano nelle mani di alcune volontarie che li mettono a contatto con l’urna e li restituiscono. Fede, tradizioni, arte e cultura si mescolano insieme per restituire l’anima di questo luogo dove mi sono sentita per un attimo novarese e in cui spero di tornare presto!
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