Quest’estate la civetta ha cambiato per un po’ aria ed è andata a svolazzare in Olanda, terra di mulini a vento e formaggi, di zoccoli e biciclette, di Rembrandt e Vermeer… e pure del Trio Lescano. Avrei voluto scrivervi un bel post sul Nieuwe Ooster, il cimitero principale di Amsterdam, ma purtroppo non sono riuscita a visitarlo (se qualcuno di voi dovesse farci prossimamente un salto, mi mandi qualche foto e si ricordi di dare anche un’occhiata all’annesso museo delle pompe funebri, il Museum Tot Zover). Mi sarebbe piaciuto scattare qualche foto nella cripta della famiglia reale olandese, all’interno della Nieuwe Kerk di Amsterdam, ma – ahimé! – è inaccessibile al pubblico… poco male, ho visto un sacco di altre cose che mi hanno comunque lasciato a becco aperto.
Ad esempio, nella graziosa Leida ha sede un museo da vedere, segnatevelo: si tratta del Museo Nazionale di Scienza e Medicina “Herman Boerhaave”. Fondato nel 1931, documenta cinque secoli di scoperte e invenzioni scientifiche dei Paesi Bassi, a partire dal 1500. E’ stato intitolato al medico e botanico Herman Boerhaave (1669–1738), che lavorò proprio nell’edificio che oggi ospita questo variegato museo. Passeggiando tra inquietanti strumenti medici e scheletri di ogni tipo e forma, tra antiche incisioni, pittoreschi dipinti e animali messi in formalina (e non solo, ma vi risparmio i particolari macabri), mi sono imbattuta in questa sala: The Anatomical World of Dr Auzoux. Sono subito tornata con la mente alla mia bella Torino e per la precisione al beneamato Museo di Anatomia Umana “Luigi Rolando”. Qui uno dei pezzi più importanti è il cosiddetto Uomo di Auzoux, una specie di manichino riproducente tutti i particolari anatomici del corpo umano: vene, muscoli, organi… Avete presente il modellino che tra anni ’80 e ’90 i piccoli chirughi in erba potevano costruire comprando in edicola le uscite di “Esplorando il corpo umano”? Ecco, l’Uomo di Auzoux è più o meno simile, solo che è alto 1.70 m.
Ma torniamo alla sala del museo di Leida: è tutta dedicata a questo Louis-Jerome Auzoux, anatomista e naturalista francese (1797-1880), che dal 1827 iniziò a produrre e vendere modelli anatomici umani, animali e botanici utilizzati per fini didattici dalle università e dalle accademie di tutto il mondo.
Il materiale usato da Auzoux per le sue creazioni era la cartapesta. I suoi modelli erano eseguiti tutti a mano, partendo da stampi in piombo in cui era posto un impasto di cartapesta, argilla e sughero. Le vene sulla superficie erano realizzate con fili di lino. Infine il tutto veniva dipinto e verniciato.
I modelli in cartapesta erano considerati più resistenti di quelli in cera (le più importanti scuole ceroplastiche in Italia furono quelle di Firenze e Bologna, ma anche Torino dal 1815 ebbe un suo “Gabinetto di lavori in cera”). Le creazioni di Auzoux, oltre ad essere molto realistiche e dettagliate, erano anche scomponibili, perciò se si volevano osservare più da vicino un cuore o un fegato, no problem! Li si staccava senza timore dal manichino, che non ne avrebbe risentito più di tanto. Ebbero molto successo e continuarono ad essere vendute anche dopo la sua morte, fino a quando furono sostituite dai modelli in plastica.
L’Uomo di Auzoux che abbiamo a Torino è il più antico arrivato fino ai giorni nostri, uno dei primi ad essere stato messo in vendita. Fu acquistato per 3000 franchi e sulla coscia destra reca la firma e la data di esecuzione: “Auzoux fecit Paris 1830”. E’ scomponibile in 129 pezzi su cui sono segnalati ben 1115 dettagli anatomici. E’ esposto nella Sala Rolando, in una di quelle teche in legno e vetro tipiche dei musei ottocenteschi. L’Uomo di Auzoux ha la testa china, sembra quasi che si stia guardando il corpo domandandosi per quale losco motivo si trovi dentro una vetrina, scotennato e per di più con tutti i suoi organi in bella vista…
Un Uomo di Auzoux fu descritto alla perfezione da Gustave Flaubert nel 1881: “… color mattone, senza capelli, senza pelle, tutto variegato da venature blu, rosse e bianche. Non rassomigliava per nulla a un cadavere, ma piuttosto a una specie di pupazzo, abbastanza brutto, molto pulito, che puzzava di vernice”.
All’interno della sala Auzoux del Museo Boerhaave, tra sezioni e modelli umani, di animali e piante, mi sono trovata davanti l’anima gemella del nostro Uomo: una Donna di Auzoux (una grande emozione, mi sono subito immaginata la cerimonia di nozze tra i due… bizzarra, ma romantica da morire). Anche lei sembra un po’ sconcertata dall’essere stata messa al centro della sala alla mercé di sguardi indiscreti che indagano ogni più piccolo particolare del suo organismo… con le mani cerca pudicamente di coprirsi le vergogne, senza peraltro riuscirci.
Oggi molti dei modelli anatomici di Auzoux sono conservati nei vari musei scientifici sparsi per il globo, testimoni attendibili di quella voglia di conoscenza caratteristica dell’epoca positivista, che tendeva a sviscerare ogni più recondito aspetto della vita. Da Torino a Leida, da Washington a Victoria, gli uomini e le donne di Auzoux provano inoltre che quando arte e scienza si fondono sono capaci di dar vita ad opere incredibili.