Un plotone di teneri bambini ha invaso le sale del Museo Accorsi – Ometto… è qui che il 19 febbraio è stata inaugurata una mostra dedicata alla fortunata iconografia del putto (termine derivante dal latino putus, puro, in riferimento all’innocenza di questi fanciullini). La mostra è intitolata “Spiritelli, amorini, genietti e cherubini. Allegorie e decorazione di putti dal Barocco al Neoclassicismo”. Sono esposte oltre 60 opere suddivise in sei sezioni tematiche, a testimoniare il successo che questo soggetto ha avuto nel corso del tempo, dall’antichità classica per culminare nell’epoca barocca, e in vari ambiti: dalla pittura alla scultura alle arti decorative. Queste gioiose (ma anche litigiose!) figurine sembrano quanto di più lontano possa esserci dagli argomenti affrontati in questo blog, ma in realtà alcune opere presentano il risvolto funerario che tanto esalta la vostra civetta. Vediamo quali sono…
Bartolomeo Guidobono, Vanitas con Amore dormiente, fine 1600, Museo del Territorio Biellese
Un’iconografia, tratta dal mondo classico e di grande successo tra Rinascimento e Barocco, è quella in cui il putto è raffigurato sotto forma di Amore addormentato. In questo dipinto un amorino ha gettato al vento la faretra e si è messo a ronfare beatamente. Con un braccio pienotto si appoggia a un teschio da cui si è staccata la mandibola e con una gamba grassoccia si stravacca su un altro teschio che si intravede appena… si tratta di un memento mori: il cupido simboleggia l’amore terreno che, come la vita umana, è effimero e transitorio e viene sconfitto dalla morte rappresentata dai teschi e dagli altri oggetti presenti intorno: un libro, una candela spenta e una clessidra.
Nella sezione dedicata ai putti nell’arte sacra, diverse sono le opere stimolanti dal punto di vista civettuolo: sono esposte sculture e dipinti con angioletti che reggono tra le manine i terribili strumenti del martirio di Gesù. E poi ecco il dipinto La Sindone sorretta da tre angioletti entro ghirlanda di fiori (autori ignoti, seconda metà 1600, Castello di Racconigi), dove protagonista è il reperto funerario per eccellenza, il lino che avrebbe avvolto il corpo di Gesù dopo la morte. Sostenuto da seriosi angioletti, è circondato da una corona di fiori variopinti non messi a caso, ma ognuno con il suo significato recondito.
Alessandro Turchi “l’Orbetto”, Tre putti in una barca nelle vesti delle Virtù Teologali, 1625, collezione privata
I putti vengono utilizzati durante il Seicento per dar vita ad allegorie profane e moraleggianti. Sono esserini innocenti, ma anche saggi: è grazie alla loro purezza che conoscono cose che ormai sfuggono agli adulti e perciò svolgono il ruolo di intermediari comunicativi. Questo dipinto ci interessa perché i putti in sembianze femminili rappresentano le tre virtù teologali – Fede, Speranza, Carità – che spesso troviamo anche nei cimiteri (ad esempio, al Monumentale decorano il nicchione di proprietà dei marchesi Falletti di Barolo). Non si capisce bene perché siano state piazzate sopra una barca: forse per simboleggiare il fatto che sono virtù imprescindibili per affrontare il burrascoso viaggio della vita.
Giovan Giacomo Sementi, Allegoria con putti, 1630, collezione privata
Anche in questo caso i putti sono di sesso femminile e rappresenterebbero le varie fasi della vita umana: la fanciulla che accende l’acciarino è la nascita, quella che alza la fiaccola ardente è la vita nella sua pienezza e infine la bimba che capovolge la fiaccola per spegnerla è la morte. Quest’ultima immagine è la più inflazionata nei cimiteri, dove troviamo fiaccole capovolte in ogni angolo (al Monumentale addirittura le fontanelle sono decorate con questo motivo).
Disegnatore piemontese, Pensiero per l’allegoria della Notte, fine 1700, Archivio di Stato di Torino
Finisco in bellezza questa veloce carrellata con un disegno che senza dubbio è tra le mie opere preferite della mostra… Durante il XVIII secolo i putti diventano protagonisti di allegorie più leggere, divertenti e dalle caratteristiche educative: li troviamo a rappresentare i Continenti, gli Elementi, le Stagioni oppure i vari momenti della giornata… in questo caso infatti, ecco un’allegoria della Notte ovviamente accompagnata da un’adorabile civetta (o gufo, come vi pare)!
Gli “Spiritelli, amorini, genietti e cherubini” vi aspettano! La mostra è visitabile fino al 5 giugno 2016.