Lo scorso mese è stato inaugurato alla Galleria d’Arte Moderna di Torino il nuovo allestimento della collezione permanente. Non potevo esimermi dall’andare subito a farci una svolazzata veloce per sbirciare quali opere sono state esposte tra le migliaia conservate nei depositi. Il veder ripristinato un allestimento che predilige l’ordine cronologico delle opere, con una particolare attenzione anche alla storia del museo, mi ha reso felice perché mi ha permesso di intraprendere il mio amato viaggio indietro nel tempo. Il secondo piano del museo è tutto dedicato all’Ottocento (ed è lì infatti che mi sono rinchiusa), mentre sono al primo piano le opere novecentesche e contemporanee. Mi sono messa a vagare tra le sale dalle pareti coloratissime sognando le epoche passate senza aver timore di essere riportata bruscamente alla realtà dalle installazioni contemporanee che, pur essendo interessanti e stimolanti, non mi sono molto congeniali.
In realtà ho fatto questa prima incursione nella nuova GAM perché ero troppo curiosa di vedere in particolare una scultura, che poco più di un secolo fa si trovava nel Cimitero Monumentale e alla quale ho accennato anche nel mio libro Torino Silenziosa. Il Monumentale si racconta. Si tratta del monumento funebre al piccolo Tito Pallestrini, figlio di imprenditori agricoli morto a soli tre anni. Sul basamento della tomba (ricostruito alla GAM) c’era la seguente iscrizione:
“Tito Pallestrini/ fanciullo pei doni di natura e di grazia desideratissimo / fu chiamato al bacio degli angeli /lasciando eredità di pianto inconsolabile ai genitori /nato li 29 luglio 1852 / morì li 6 gennaio 1855”
Il monumento fu scolpito nel 1856 da Vincenzo Vela e posto in un’area scoperta del cimitero, alla mercé delle intemperie. Venne costruita una copertura in ferro per proteggerlo ma, col passare del tempo, il marmo con cui era stato realizzato si rovinò lo stesso e nel 1910 il museo acquistò l’opera dagli eredi della famiglia che ne detenevano la proprietà e provvide al restauro. Così la tomba era descritta nel 1890:
“Un angelo di bellezza veramente paradisiaca, colle ali spiegate, vola al cielo, portando il bambino che tolse dall’avello scoperchiato. Sorride il putto tendendo le mani e volgendo il viso all’angelo liberatore, il di cui volto porta un’impronta di ineffabile amore e soavemente risponde al sorriso vaghissimo del bambino. Leggiero, delicato, quasi etereo è questo gruppo; nessuna delle parti tradisce lo sforzo dell’arte: e tale uscì dalla mente e si formò sotto lo scalpello del sommo artista, che seppe nella sua nuova scuola introdurre quei tipi di vera bellezza che arrestano e commuovono e strappano il grido d’ammirazione. Codesto gioiello basterebbe da solo a render celebre la Necropoli Torinese”
Vincenzo Vela scolpì il tema dell’elevatio animae, l’ascesa dell’anima verso il Paradiso e la vita eterna.
L’angelo, figura rassicurante e consolatoria, abbraccia e accompagna nell’aldilà il bimbo che mantiene la vivacità dei movimenti tipica della sua età. Sin da subito l’opera di Vela, conosciuta come L’Angelo Custode, fu apprezzata da tutti. Come scrive lo storico dell’arte Alfonso Panzetta, già nel 1858 l’angelo fu copiato per ornare la tomba Piazzoni nel cimitero comunale di Bergamo, mentre l’intero gruppo scultoreo venne replicato nel 1861 all’interno della cappella privata del Castello Camozzi-Vertova a Coste di Mezzate (BG).
Il modello in gesso del monumento Pallestrini oggi è conservato in Svizzera presso il Museo Vincenzo Vela di Ligornetto, paese natale dell’artista, e lo vediamo fare capolino anche in un acquerello del pittore olandese Tetar Van Elven raffigurante lo studio torinese dello scultore (Vela fu docente di scultura all’Accademia Albertina di Torino dal 1856 al 1867).
La mia prima incursione nella nuova GAM mi ha pienamente soddisfatta, tornerò di sicuro, magari per scoprire qualche altra storia celata dietro i capolavori del museo civico!
Immagini e testo © Manuela Vetrano. Se vuoi utilizzare questo materiale scrivimi a info@lacivettaditorino.it
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