Ogni volta che vago per il Cimitero Monumentale di Torino percepisco che l’atmosfera intorno a me non è la solita… l’aria è densa di storie e voci che sembrano voler uscire dalle tombe per entrare dentro di me. Io mi lascio coinvolgere e l’esperienza è sempre intensa.
Un dì, girando sotto i porticati della II ampliazione, rimango colpita dal particolare di un monumento che raffigura una caffettiera, un cucchiaino, alcune tazzine… alzo lo sguardo più in su e vedo il busto di un uomo, che però non ha nulla di diverso dai busti austeri dei suoi contemporanei di fine ‘800. Leggo allora l’epigrafe:
“Giuseppe Gentil
nato a Chambéry
il 12 novembre 1818
morto il 15 agosto 1888”
Esco dal cimitero con un pensiero fisso nella testa: devo sapere di più su questo amante del caffé. Per fortuna esiste Internet e, dove non arriva il web, entrano in gioco le biblioteche e gli archivi.
Il savoiardo Giuseppe Gentil arrivò a Torino prima del 1848. Iniziò a lavorare come garzone in un caffé di Via Garibaldi. Era molto operoso e intelligente e diventò presto gestore del Caffé Alfieri, in Via Po 9 (oggi al suo posto c’è la libreria La Bussola). Il locale, fondato nel 1750, era diviso in tre sale: in quella centrale si trovavano il banco di mescita, la cassa e un busto di Vittorio Alfieri. Si era allora in pieno Risorgimento e i caffé erano i luoghi del fermento politico e culturale. Ai tavoli ovali in marmo dell’Alfieri si riunivano i docenti, gli studenti dell’Università e gli allievi dell’Accademia Militare. Sui divanetti in velluto rosso si sedevano i frequentatori del Teatro Regio e i politici. Nel 1859 il Caffé diventò l’ufficio reclutamento per i volontari della II guerra d’indipendenza, i Cacciatori delle Alpi di Giuseppe Garibaldi.
Scrisse un cronista de La Stampa che negli anni in cui Torino fu capitale d’Italia
“… ogni sera sotto i portici di Via Po si poteva camminare sulle teste…”
Quindi gli avventori non mancavano e Gentil in poco tempo fece fortuna, tanto da comprare il locale e la casa soprastante. Negli ultimi anni vendette tutto e andò a vivere al pianterreno di Casa Ropolo (progettata da Alessandro Antonelli), in Corso San Maurizio 18.
Ricco, viveva modestamente, dedito ad opere di bene. Nel 1875 fece realizzare il monumento per la sua tomba, su cui volle che fossero immortalati gli utensili da caffettiere che gli diedero il benessere economico.
Morì alle 9.30 del Ferragosto 1888. Lasciò il suo patrimonio all’Ospedale di Carità, con la clausola di versare una rendita annua alla sorella e alla nipote. Stabilì anche che nell’Ospedale fossero riservati otto letti ai caffettieri e confettieri bisognosi. Al Monumentale, vicino a lui, riposano la sua domestica (Caterina Cane) e alcuni amici.
È questa una vicenda semplice, che intreccia i suoi fili a quelli della Storia ufficiale. Non è detto che debba interessare a tutti, ma per me è un tesoro. Sono soddisfatta, ho imparato qualcosa di nuovo e mi sento più ricca.
Non mi resta che invitare i baristi di Torino ad andare al Monumentale per omaggiare il loro degno predecessore… abituato com’era ad essere circondato dalle persone nel suo Caffé, forse ora si sente un po’ solo!
(Immagine Via Po © www.torinovintage.it)