Qualche tempo fa la Civetta aveva in programma di trascorre qualche giorno in quel di Parma per gozzovigliare a base di culatello e gnocco fritto… però, a causa di correnti avverse, il suo volo è stato dirottato verso Verona, una città stupenda in ogni angolo. Il suo fascino è poi accresciuto dall’essere il luogo dove Shakespeare ambientò la tragedia di Romeo e Giulietta.
E’ risaputo che le opere del buon vecchio Will raramente fossero farina del suo sacco e anche per quanto riguarda “Romeo e Giulietta” il Bardo trasse ispirazione da scritti a lui precedenti. Tralasciando le probabili origini classiche, il primo testo in cui i due amanti vengono menzionati è il “Novelliere” di Masuccio Salernitano (1476). Da questo racconto attinse Luigi Da Porto, autore dell’ “Historia novellamente ritrovata di due nobili amanti” (1531). Fu Da Porto a collocare la vicenda a Verona e a dare ai due protagonisti i nomi con cui sono noti ancora oggi. Dall’ “Historia” discendono altre due versioni, di Gherardo Boldieri (1553) e Matteo Bandello (1554). La versione del Bandello fu tradotta in francese da Pierre Boisteau (1559), quest’ultima fu resa in inglese da Arthur Brooke (1562) e William Painter (1569) entrando così nelle mani di Shakespeare, che partendo da questi canovacci scrisse la regina delle storie d’amore (1597).
E’ certo che a Verona non esistette mai una famiglia Capuleti, mentre i Montecchi sono documentati fino al 1269. Non c’era perciò più alcuna traccia di loro in città nel periodo in cui la storia si sarebbe svolta, tra 1301 e 1304, durante la signoria di Bartolomeo I della Scala. Ma questa fiaba d’amore fu così potente da essere subito considerata un fatto realmente accaduto.
Verona annovera quindi tra le sue meraviglie: una casa di Romeo, una casa di Giulietta (affollata da orde di turisti indemoniati) e, dulcis in fundo, la tomba della fanciulla. Poteva la Civetta farsela sfuggire? Assolutamente NO!
Sin dal XVI secolo si iniziò ad identificare il sepolcro della giovane Capuleti in un sarcofago di marmo rosso situato all’esterno dell’ex convento di San Francesco al Corso (oggi sede del Museo dell’Affresco). Il convento fu costruito nel 1230 circa e lì si riteneva che fosse vissuto Frà Lorenzo, il frate che cercò di aiutare i due ragazzi nelle loro peripezie e che ne celebrò le nozze. Per qualche tempo il sarcofago fu trasformato in abbeveratoio, perché le autorità ecclesiastiche temevano la troppa devozione che lo circondava.
E’ soprattutto con l’Ottocento, l’epoca romantica per eccellenza, che la tomba di Giulietta diventò una meta d’obbligo per gli innamorati e i visitatori dal cuore gentile. Molti di loro si prendevano un pezzetto del sarcofago come souvenir o piuttosto come reliquia. Nel 1815 il coperchio se lo portò a Vienna l’Arciduca d’Austria Giovanni; nel 1822 la Duchessa di Parma Maria Luigia si fece realizzare una parure di gioielli e persino Lord Byron staccò dei frammenti da regalare alle nipoti. A un certo punto, per arrestare il degrado e il saccheggio che tanto turbarono Dickens, la tomba fu recintata e nel 1938 fu trasferita in un locale sotterraneo, dove si trova attualmente.
Vi si accede da un giardino silenzioso e molto tranquillo. Scendendo una scala in pietra sorvegliata dal monumento dedicato a Shakespeare (1910, Renato Cattani), ci si ritrova in un primo ambiente in cui sono conservate varie lapidi ed epigrafi. Dopodiché si entra in una piccola stanza illuminata da una finestrella, dove il tempo sembra essersi fermato. Al centro è il tanto ammirato sarcofago rosso (in gran parte ricoperto da scritte di focosi amanti).
La Civetta è stata fortunata, perché non c’era nessun altro oltre lei. L’umidità, il silenzio, la penombra hanno contribuito a creare l’atmosfera giusta: le è quasi sembrato di vedere Giulietta risvegliarsi dalla sua finta morte, accorgersi che la vita ha abbandonato il suo sposo e pugnalarsi al petto disperata.
Tutti sappiamo che la tomba di Giulietta (per non parlare poi della casa con il famoso balcone) è una bufala fotonica, ma non si può fare a meno di visitare questi luoghi e sospirare, desiderando un amore assoluto e totale simile a quello che ha reso immortali Giulietta e il suo Romeo.