Lunedì 1 aprile 2015 è stato inaugurato il nuovo Museo Egizio. Dopo anni di lavori, ora si possono ammirare al meglio i reperti delle collezioni che il mondo intero ci invidia grazie a un allestimento rinnovato, collocato su una superficie raddoppiata rispetto a quella di un tempo. Se devo essere sincera, la mancanza delle vecchie teche in legno stringe il mio cuore d’antan in una morsa di dolore… Comunque! Mi chiedo se tutta questa modernità – scale mobili e vetrine in cristallo all’ultimo grido – incontrerebbe la sua approvazione… a chi sto pensando? Ma a Bernardino Drovetti! Forse, senza di lui il Museo Egizio di Torino non esisterebbe! Dal 1852 Drovetti riposa tranquillo nella I ampliazione del Cimitero Monumentale di Torino. Questo il punto d’arrivo della sua vita. Ma come iniziò tutto?
Bernardino Michele Maria nacque il 4 gennaio 1776 a Barbania, un ridente paesino del Canavese. I suoi genitori erano il notaio Giorgio Francesco Drovetti e la contessa Anna Vittoria Vacca. Era un ragazzo vivace e attivo, che a 15 anni venne a studiare a Torino, dove si laureò in Legge l’1 aprile 1795. Ma… lungi da lui seguire le orme paterne finendo seduto dietro una scrivania tra le scartoffie!
Bernardino infatti, sensibile ai venti rivoluzionari che tiravano all’epoca, nel 1796 si arruolò come soldato semplice nell’esercito francese, facendo di sicuro venire un colpo al padre, che era fedelissimo ai Savoia. La sua carriera fu fulminea: in poco tempo raggiunse le più alte cariche militari. Il 14 giugno 1800 partecipò alla mitica battaglia di Marengo, dove salvò la vita a Gioacchino Murat facendogli scudo con il suo corpo e perdendo alcune dita di una mano.
Fu nel 1802 che l’Egitto entrò nella sua vita: ricevette da Napoleone la nomina a Sottocommissario alle Relazioni Commerciali ad Alessandria d’Egitto. Sbarcò nella terra delle piramidi il 29 maggio 1803, a 27 anni: era un bell’uomo, atletico, colto e brillante, amante del buon vino e insofferente “alle mode ridicole” dei suoi tempi. In quell’anno conobbe Rose Rey Bathalon. Si racconta che fosse un tipetto molto accorto, parsimonioso e semi-analfabeta. Certo è che fosse sposata con un marsigliese, dal quale ebbe quattro figli! La passione prese il sopravvento, magari spinta dal clima ardente e dall’ambiente esotico… fu così che Rose chiese il divorzio. I documenti però arrivarono dalla Francia soltanto nel 1817. I due vissero per anni da concubini: si sposarono solo nel 1818, quando il rapporto era ormai incrinato da tempo. Già l’anno successivo Rose se ne tornava in Europa con Giorgio, l’unico figlio nato nell’ottobre del 1812 (altri due morirono subito dopo il parto) e descritto come un debole inetto che sperperò quasi tutto il patrimonio paterno.
Dal 1806 Bernardino fu Viceconsole Generale di Francia in Egitto e in seguito Console. Amico e consigliere di Muhammad ‘Ali, I Viceré d’Egitto (sì, proprio quello che regalò al re Carlo Felice l’elefante indiano Fritz!), contribuì in modo rilevante alla modernizzazione del paese attraverso varie riforme economiche, sanitarie, culturali… Con la caduta del regime napoleonico, Drovetti fu sollevato dall’incarico di console (che riprese però nel 1821), ma restò in Egitto, dedicandosi al suo interesse per le antichità, a cui venne iniziato dallo scrittore Chateaubriand, suo ospite ad Alessandria per qualche tempo. Tra 1811 e 1812 intraprese un viaggio, ma la prima vera spedizione che organizzò si svolse solo a inizio 1816: esplorò l’Alto Egitto fino al tempio di Abu Simbel. Quello era il periodo d’oro per i cercatori di tesori antichi: i reperti erano di proprietà di chi li rinveniva e spesso i vari gruppi di avventurieri si contendevano i ritrovamenti, scatenando vere e proprie risse. Fu così che Drovetti mise insieme la sua raccolta, grazie ai permessi di scavo ottenuti senza problemi dal Viceré e grazie alla sua équipe di collaboratori.
Perennemente con problemi di soldi (i suoi salari arrivavano con anni di ritardo), Drovetti decise di vendere la sua collezione, proponendola prima alla Francia e riuscendo poi a piazzarla ai Savoia, grazie all’intermediazione del viaggiatore Carlo Vidua e del politico Prospero Balbo. Il 23 marzo 1823 il re di Sardegna Carlo Felice firmò il contratto d’acquisto. Per 400.000£, pari a 700 milioni di euro, Torino diventava proprietaria di oltre 8.000 reperti tra mummie, papiri, statue e oggetti vari. L’8 novembre 1824 apriva le porte al pubblico il primo Museo Egizio esistente al mondo. Scrisse Champollion, il decifratore dei geroglifici che Drovetti conobbe nel 1828: “La strada per Menfi e Tebe passa da Torino”.
Nel giugno del 1829, pieno dei problemi di salute che gli vennero appena messo piede in Egitto nel 1803, lasciò il consolato e trascorse una decina d’anni viaggiando per l’Europa, dove aveva ormai la fama di esperto del mondo egizio. L’ultimo decennio della sua vita lo passò in Piemonte. Il 3 marzo 1852 fu ricoverato nell’ospedale di San Salvario, dove morì il 9 alle 21, per problemi causati da idropisia e disturbi neurologici. L’11 marzo si svolsero i funerali: Rose e Giorgio non si fecero vivi. Nel testamento, scritto il 23 febbraio, lasciò disposizioni per l’autopsia sul suo corpo: voleva avere la certezza di essere morto davvero per non rischiare di essere seppellito vivo (terrore molto diffuso all’epoca)! Indicò come suoi eredi i poveri di Torino e Versailles. Fu sepolto al Monumentale. Il suo monumento funebre è del 1855 e si trova in una nicchia un po’ nascosta: un busto opera dell’Albertoni lo raffigura con lunghi capelli e folti favoriti, baffi e pizzetto puntuto, l’espressione decisa (una copia della scultura si trova in Piazza Umberto I a Barbania). E’ posto su un grosso piedistallo decorato in cima da un simbolo egizio sotto cui sono incise queste frasi:
“Qui giace Bernardino Drovetti F. di Giorgio, insignito di molti ordini es ascritto a molte accademie d’Europa
Nato a Barbania il 7 gennaio 1776, morto in Torino il 9 marzo 1852
Fu dottore in ambe leggi, reggente il Ministero di Guerra, uffiziale e console generale di Napoleone I in Egitto
Promosse colà il progresso e vi raccolse preziosi monumenti onde si creò il Museo Egizio, precipuo ornamento di questa città
Morì qual visse: benefico, chiamando i poveri a suoi eredi.
C. Cagnon e C. Mosca senatori del Regno, amici ed esecutori testamentari di lui posero questa memoria 1855”
Chissà se l’eco dell’entusiasmo che si respira in città in questi giorni intorno al Museo Egizio è arrivata a sfiorare la tomba di Bernardino Drovetti, che di questo Museo è stato il papà?
Testi e immagini © Manuela Vetrano. Se desiderate utilizzare questo materiale scrivete a: info@lacivettaditorino.it
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