In quel di Savigliano (CN), circondato dalle labirintiche stradine medievali del centro storico (dove la sottoscritta si è persa… toglietemi le vie dritte di Torino e sono una civetta finita), vi è un luogo stupendo, in cui ci si può riempire cervello e polmoni di Arte. Sto parlando della Gipsoteca Davide Calandra. Qui la meraviglia è di casa, a partire dallo spazio in cui la gipsoteca è allestita: la seicentesca ex-chiesa di San Francesco. All’interno dell’unica navata di questa chiesa ci si può aggirare non tra le vecchiette che recitano il rosario, bensì tra i modelli preparatori delle opere di Davide Calandra (Torino, 21 ottobre 1856 – 8 settembre 1915), uno dei più importanti scultori italiani che operarono tra Ottocento e Novecento. Statue giganti, possenti cavalli, vezzose testine femminili, cavalieri indomiti e tanti altri soggetti convivono insieme sotto un’incantevole volta affrescata.
Ma… che cos’è una Gipsoteca?
Il termine deriva dalle parole greche gypsos, gesso, e thèke, contenitore. Si tratta perciò di un luogo in cui si conserva una raccolta di gessi o per fini didattici (pensate alle Accademie di Belle Arti) o per documentare il percorso artistico e le tecniche di lavoro di uno scultore (come nel caso della Gipsoteca Calandra). In Piemonte siamo fortunati, abbiamo ben cinque gipsoteche: oltre a quella saviglianese, si possono visitare quelle di Leonardo Bistolfi a Casale Monferrato (AL), di Pietro Della Vedova a Rima San Giuseppe (VC), di Giulio Monteverde a Bistagno (AL) e quella di Paolo Troubetzkoy a Verbania.
Qual è la storia della Gipsoteca Calandra?
Questo museo nasce grazie al legame della famiglia Calandra con il comune di Savigliano e il territorio circostante. Il nucleo principale si creò tra 1914 e 1917, grazie ad alcune donazioni di Calandra stesso e della sua vedova. A queste si aggiunse tra 1972 e 1973 quella di circa 60 opere donate dalla figlia Elena. Fu proprio Elena ad inaugurare il 21 giugno 1973 il museo. Nel 1983 la raccolta aumentò grazie ad altri 140 pezzi lasciati dall’Ordine di Malta, erede dello scultore dopo la morte del nipote. Dal 1999 il museo è stato chiuso per molti anni per restauri e ha riaperto nel 2002.
La visita alla gipsoteca parte da una sala in cui viene raccontata la figura dell’artista. Qui sono presentati i suoi attrezzi originali da lavoro e ci si può affacciare su una parte del deposito, dove sono conservati circa 140 pezzi. Si entra poi all’interno dell’ex–chiesa di San Francesco per ammirare le 110 opere esposte: gessi, terrecotte, crete. Il percorso di visita è organizzato per aree tematiche: scultura di genere e funeraria; il monumento a Giuseppe Zanardelli; scultura sacra e opere pubbliche; il monumento al principe Amedeo di Savoia–Aosta; il fregio per l’Aula del Parlamento a Montecitorio (sì! Proprio quello che si intravede in tv dietro ai politici che litigano); cavalli e soggetti storici; il monumento a Umberto I. All’interno di ogni area tematica l’ordine di esposizione è cronologico.
C’è un po’ del Cimitero Monumentale di Torino nella Gipsoteca Calandra?
Certo che sì. Al Monumentale di Torino si trovano tre opere di Calandra, che sono documentate in gipsoteca. Bisogna premettere che l’artista era di famiglia ricca e aveva il privilegio di poter scegliere a quali soggetti dedicarsi, senza avere il pensiero di dover guadagnare per sopravvivere. Ma anche lui, come tutti i suoi colleghi dell’epoca, si dedicò ai monumenti funebri, che comunque restano poco numerosi rispetto al resto della sua produzione.
Nell’area della gipsoteca dedicata all’arte funeraria, si trovano quindi i modelli delle tre opere presenti al Monumentale:
- Il bozzetto in gesso per il monumento Geisser. Rappresenta “L’Impero della Morte”: al centro della composizione, l’inquietante Angelo della Morte a cavallo, ha le ali spiegate e la spada sguainata. Si staglia di fronte all’umanità disperata: nessuno può scampargli, ma tutti possono contare sulla salvezza eterna, rappresentata dal Cristo benedicente. Il bozzetto è del 1904 e presenta qualche differenza rispetto a al monumento definitivo in bronzo del 1906, collocato nel 1908 nella III ampliazione del Monumentale.
- Il bozzetto in gesso per il monumento Casana (bronzo, 1910, I ampliazione del Monumentale). Sono raffigurati 15 angeli oranti dai capelli fluttuanti e con lunghe vesti, disposti a semicerchio e sormontati da una grande croce stilizzata. Vicino al bozzetto sono esposti anche due modelli a grandezza naturale che riprendono nei particolari i primi tre angeli di sinistra e i primi tre di destra.
- Il bozzetto in gesso per il monumento Vicarj (marmo, 1911, I ampliazione del Monumentale). Una giovane donna in preghiera sembra volare verso la croce che si staglia in cielo sopra il suo capo. I capelli lunghissimi sciolti sulla schiena della ragazza, la presenza dei fiori tutt’intorno e il mare sullo sfondo conferiscono delicatezza alla composizione dedicata a Celestina Vicarj, morta a soli 25 anni.
Ma un attimo! C’è ancora una quarta opera che ci potrebbe interessare… si trova nell’area dedicata ai soggetti storici, ma fa verosimilmente riferimento ad un probabile monumento funebre mai eseguito. E’ un bozzetto in creta del 1888, presentato dall’artista all’Esposizione di Belle Arti di Brera nello stesso anno. Intitolato “Pur che Italia sia”, doveva diventare il monumento funebre per la tomba dei fratelli Emilio e Alfredo Savio, i figli della baronessa Olimpia Savio (della quale qualche tempo fa scrissi una biografia sull’Enciclopedia delle Donne) morti ventenni durante le battaglie risorgimentali. Nel bozzetto i fratelli sono raffigurati a terra morenti, avvolti nel tricolore, mentre la madre affranta si appoggia a una croce. La tomba della famiglia Savio si trova nella I ampliazione del Monumentale, ma è molto più discreta: è caratterizzata da una lunga epigrafe ormai quasi illeggibile sormontata da una semplice croce. Chissà perché questo monumento non fu mai realizzato…
Chiudo qui la ricognizione funeraria di oggi. Spero che questo piccolo assaggio abbia solleticato la vostra curiosità… la Gipsoteca Calandra attende la vostra visita! Vi assicuro che i bozzetti che vi ho mostrato sono solo una minima parte della grandiosa ricchezza della raccolta di Savigliano. E quando sarete lì, non dimenticate di fare un salto anche al Museo Civico “Antonino Olmo” allestito nell’ex-convento di San Francesco!
Testi e immagini © Manuela Vetrano. Se desiderate utilizzare questo materiale scrivete a: info@lacivettaditorino.it
Le immagini sono state realizzate da Simona De Pascalis per conto de La Civetta di Torino nel febbraio 2015.
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