Un romantico anniversario di matrimonio
Lo scorso settembre il Principe Consorte e io ci siamo recati sul lago di Garda per festeggiare il primo anno di nozze. La proposta di andare da quelle parti, fatta all’ignaro neo-marito, era subdolamente legata ai miei interessi funerari. Ambivo a tornare al Vittoriale degli Italiani per rivedere la casa e la tomba di Gabriele D’Annunzio, ma soprattutto desideravo visitare gli ossari relativi alla battaglia risorgimentale di Solferino e San Martino. E così, durante il nostro romantico (!) anniversario, il PC si è ritrovato, tra le altre cose, a girare anche in mezzo a teschi e tibie. Scherzi a parte, la visita a questi luoghi è toccante e indispensabile per comprendere meglio la Storia del nostro paese. Migliaia di giovani, più o meno consapevoli, hanno perso la vita affinché fossero raggiunte l’indipendenza e l’unità d’Italia. Eventi che a noi sembrano tanto lontani, perché ci passano davanti soltanto sulle pagine dei libri di storia, diventano subito concreti e sconvolgenti se si entra negli ossari di Solferino e San Martino.
24 giugno 1859: la battaglia di Solferino e San Martino
La battaglia di Solferino e San Martino fu combattuta durante la seconda guerra d’indipendenza italiana, il 24 giugno 1859. Gli eserciti alleati del Regno di Sardegna e della Francia, guidati da Vittorio Emanuele II e da Napoleone III e divisi tra Solferino e San Martino, si scontrarono con l’esercito austriaco guidato da Francesco Giuseppe. In seguito a questo combattimento, l’Austria perse la guerra e il dominio sulla Lombardia. La battaglia fu la più sanguinosa dal tempo delle guerre napoleoniche: oltre 10.000 i morti sul campo, oltre 20.000 i feriti, 11.400 furono i dispersi e i prigionieri. Questa situazione e la quasi totale assenza di servizi sanitari, che si occupassero dei feriti senza badare alla nazionalità, ispirarono al filantropo svizzero Henry Dunant, presente sul luogo, la creazione della Croce Rossa e la redazione del libro “Un souvenir de Solferino”, in cui vengono denunciate le atrocità della guerra.
Il Museo Risorgimentale di Solferino
Dopo essere stati a Cremona, ci siamo diretti a Solferino. Abbiamo attraversato il paese e, arrivati in via Ossario, abbiamo parcheggiato di fianco al piccolo Museo Risorgimentale. La visita al museo è d’obbligo: il biglietto costa solo 2.50€ e si visitano tre sale piene di cimeli esposti dentro vecchie teche in legno. Diversi i dipinti, tra cui una raffigurazione della chiesa-ossario di Solferino e una raffigurazione della cerimonia di traslazione delle ossa dei soldati al suo interno. L’odore che si respira nei musei risorgimentali, dove tutto sembra fermo all’epoca delle battaglie, è inconfondibile. Io ho comprato anche una piccola guida ai monumenti di Solferino e San Martino (l’unica che c’era, assai vetusta, pubblicata nel 1989…). Vicino al museo si trova anche una statua in bronzo del 2014 che ricorda Henry Dunant. Da lì parte un viale, fiancheggiato da alti cipressi, che conduce in cima a una collinetta, dove si trova l’ossario.
Dalle fosse comuni agli ossari
Dopo la battaglia, furono scavate delle fosse comuni, in cui i corpi dei caduti vennero seppelliti in fretta. Si voleva evitare che la decomposizione dei cadaveri, accelerata dal caldo estivo, potesse provocare seri problemi alla sanità pubblica. Queste sepolture, però, non erano decorose né regolari. Secondo le leggi dell’epoca, i defunti non potevano essere riesumati prima che fossero trascorsi 10 anni. Perciò bisognò attendere per disseppellire i resti e dar loro una sepoltura più consona e definitiva. La Società di Solferino e San Martino, istituita nel 1870, si occupò di tutte le operazioni, rese possibili grazie ai fondi ottenuti per mezzo di una sottoscrizione pubblica. I resti di oltre 10000 soldati vennero riesumati e posizionati in due chiese preesistenti, una a Solferino e l’altra a San Martino, trasformate in ossari. Il 24 giugno 1870 i due siti furono inaugurati alla presenza di una moltitudine di gente e delle autorità italiane, francesi e austriache.
L’ossario di Solferino
Dopo aver percorso il viale di cipressi, io e il PC siamo entrati nella chiesetta-ossario di San Pietro in Vincoli. L’interno, pervaso dalla penombra e dal silenzio, è solenne e suggestivo. Questa sensazione è stata amplificata dal fatto che eravamo soli, non c’era nessun altro visitatore oltre a noi. Nella chiesa non ci sono dipinti o affreschi, ma solo i busti in bronzo di cinque generali francesi morti durante la campagna d’Italia del 1859, tra cui due caduti proprio a Solferino, e varie epigrafi e corone commemorative in metallo alle pareti. Numerose le coccarde e i nastri lasciati come omaggio da visitatori, gruppi e delegazioni.
Le ossa di 7000 soldati
Lo spazio absidale dietro al semplice altare e quelli della cripta sottostante e delle due cappelle laterali sono completamente rivestiti da migliaia di ossa recuperate appartenenti a circa 7000 soldati sabaudi, francesi e austriaci, affiancati ora gli uni agli altri senza distinzioni di nazionalità o di grado. Come si può leggere in una delle epigrafi: “Nemici in battaglia, nel silenzio del sepolcro affratellati riposano”. 1413 sono i teschi. Esporre in questo modo dei resti umani potrebbe sembrare macabro e di cattivo gusto. Perché non sono stati inseriti dentro delle tombe vere e proprie? L’obiettivo è di impressionare per far riflettere. Tutti quei resti appartenevano a persone che avevano sogni, desideri, amori, affetti che si sono dissolti nel nulla in una giornata d’estate di tanti anni fa. Persone esattamente come noi ed è un caso del destino che sia capitato a loro, e non a noi, di vivere e morire in quell’epoca burrascosa. Ed è come se da quelle orbite vuote e da quelle mascelle semiaperte uscissero tanti sussurri che ci invitano a ricordare e a non dimenticare.
LEGGI ANCHE L’OSSARIO DI SAN MARTINO DELLA BATTAGLIA (BS)
Approfondimenti
Il sito della Società di Solferino e San Martino