Il 24 giugno 1959 tra Solferino e San Martino
Cari adepti civettuoli, riprendo il resoconto della trasferta, fatta a settembre con il Principe Consorte, che ha previsto la sosta agli ossari eretti in seguito alla battaglia risorgimentale di Solferino e San Martino. Dell’ossario di Solferino già vi ho raccontato, perciò proseguo con quello di San Martino.
La cruenta battaglia si combatté il 24 giugno 1859 e con essa si chiuse la seconda guerra d’indipendenza italiana. Non fu una vittoria totale dal punto di vista dell’esercito sabaudo. Il conflitto fu infatti concluso per volontà di Napoleone III, in violazione agli accordi stabiliti dall’alleanza franco-sarda, con la firma l’11 luglio 1859 dell’armistizio di Villafranca, insieme a Francesco Giuseppe. Il giorno successivo anche Vittorio Emanuele II firmò il documento. Con la fine della seconda guerra d’indipendenza il Regno di Sardegna otteneva la Lombardia (ma non le fortezze di Mantova e Peschiera che restavano all’Austria). Napoleone III si accontentò di ricevere una percentuale sulle spese sostenute per la campagna militare e lasciò da parte le pretese francesi sulla Savoia e su Nizza (che però furono cedute nel 1860 con il trattato di Torino).
L’ossario di San Martino
Se a Solferino fu l’esercito francese, capeggiato da Napoleone III, ad affrontare l’esercito austriaco, a San Martino fu invece schierato l’esercito piemontese, guidato da Vittorio Emanuele II. Mentre a Solferino i combattimenti si conclusero alle 13.30, a San Martino continuarono fino alle 20. Scrisse Henry Dunant, l’ideatore della Croce Rossa, nel suo libro Un ricordo da Solferino: “Cadaveri e feriti giacciono a terra… le membra spezzate e maciullate, i corpi resi irriconoscibili. La terra si abbevera letteralmente di sangue e la pianura è disseminata di relitti umani“. Ai cadaveri dei caduti fu data una frettolosa sepoltura in fosse comuni e soltanto nel 1870, grazie alla Società di Solferino e San Martino, i resti furono riesumati e posti con solenni cerimonie all’interno di due cappelle adattate ad ossario. In origine la cappella-ossario di San Martino era di pertinenza di una vicina villa. A questa cappella si arriva percorrendo un tranquillo viale alberato, ai lati del quale si trovano monumenti e cippi dedicati ai soldati e ai vari reparti militari. Inoltre, sulle pareti esterne della chiesetta sono state posizionate varie epigrafi che testimoniano il dolore dei parenti che persero nella battaglia un padre, un marito, un figlio o un fratello.
Le ossa di oltre 2000 soldati
Come nella cappella-ossario di Solferino, anche a San Martino lo spazio absidale dietro l’altare è rivestito da una moltitudine di teschi, 1274 in tutto. Dietro l’altare vi è la scala che conduce alla cripta, dove sono stipate 2619 ossa, una sull’altra e senza distinzione di nazionalità, appartenenti ai soldati morti sul campo o in seguito alle ferite riportate durante la battaglia. In questo ossario non vi sono cappelle laterali, ma anche qui tantissimi sono le corone e i nastri celebrativi. Non ci sono parole per descrivere uno spettacolo davvero impressionante, che rende tangibile l’orrore della guerra, nonostante siano trascorsi oltre cent’anni.
La Torre di San Martino
Usciti dalla chiesa, abbiamo fatto i biglietti (7€) per visitare la Torre di San Martino e il Museo Risorgimentale. La torre si erge al centro di una vasta area verde recintata, che corrisponde al luogo esatto in cui si svolsero i più accaniti scontri tra i soldati sabaudi e quelli francesi. La Torre è stata costruita a partire dal 1880 grazie a una sottoscrizione nazionale e venne inaugurata il 15 ottobre 1893. Si tratta di un omaggio a Vittorio Emanuele II, primo re d’Italia, e a tutti i caduti delle battaglie risorgimentali. All’interno della Torre, alta quasi 65 metri, una rampa di oltre 400 metri conduce fino in cima alla costruzione, dove si trova una terrazza panoramica. Durante il percorso si possono osservare enormi affreschi che raccontano gli eventi guerreschi più importanti dell’Unità d’Italia, dalla battaglia di Goito del 30 maggio 1848 alla Breccia di Porta Pia del 20 settembre 1870. Devo rivelare che a metà percorso la rampa ha iniziato a sembrarmi infinita. Inoltre, c’era un tempo da lupi e arrivati in cima avremmo visto solo pioggia e nebbia… e allora ho dato forfait.
Il Museo Risorgimentale di San Martino
Il Museo è allestito all’interno di un edificio posto sul retro della Torre e costruito nel 1939. Tre ampie sale raccolgono i cimeli piemontesi, austriaci, e francesi, conservati al pari di reliquie e come se questi fatti sanguinosi si fossero svolti qualche anno fa soltanto. Un dipinto del pittore Carlo Bossoli rappresenta la chiesetta-ossario com’era all’epoca. Ma, soprattutto, tanti sono i ritratti, i documenti, le uniformi, le armi e gli oggetti personali che raccontano della campagna del 1859 e della battaglia del 24 giugno. Su una parete del museo troneggia la frase leggendaria, che si racconta fu pronunciata dal re Vittorio Emanuele II al suo esercito poco prima del combattimento: “Fieui, o i piuma San Martin o an fa fé San Martin a nui. Figlioli, o prendiamo San Martino o faranno fare a noi San Martino”. All’epoca, nel giorno di San Martino (11 novembre) scadevano i contratti di mezzadria e i contadini dovevano traslocare, quindi questa frase stava a significare che se l’esercito regio non avesse vinto, avrebbe dovuto andarsene lasciando tutto in mano ai nemici.
Il mio resoconto termina qui! Spero che vi abbia fatto venire la curiosità di riscoprire la nostra storia. Forse sui banchi di scuola questi racconti si ascoltano un po’ svogliatamente, ma quando ci si trova faccia a faccia con le reali testimonianze di ciò che è successo, è difficile non farsi coinvolgere.
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Approfondimenti
Il sito della Società di Solferino e San Martino