Dove eravamo rimasti? Avevamo lasciato Francesco Tamagno mentre esalava l’ultimo respiro la mattina del 31 agosto 1905 a Varese… cosa successe dopo?
Fu aperto il testamento. Tamagno lasciò tutto alla figlia, tranne 40.000£ da distribuire a tre asili torinesi e all’Ospedale Maria Vittoria. Il tenore inoltre stabiliva di voler essere imbalsamato e questo illustre impegno spettò al dottor Tonta di Milano, noto per aver imbalsamato nientemeno che il re d’Italia Umberto I nel 1900. L’operazione che fissò in eterno le fattezze di Tamagno si svolse il 2 settembre e finì alle 17. Una doppia bara in zinco e mogano, con un’apertura in cristallo all’altezza del volto, accolse le spoglie del tenore. Fu portata nel salone centrale di Villa Margherita trasformato in camera ardente, “parata con velluto nero e decorata con frange d’argento e palme”, per ricevere quanti vollero porgere l’estremo saluto al “sublime incanto dell’Arte italiana”. Chi non riuscì ad andare di persona, inviò alla famiglia un messaggio di cordoglio: ne arrivarono più di trecento.
I funerali del cantante si svolsero nella parrocchia di Giubiano il 5 settembre. Il feretro fu poi posizionato nella cappella della villa, oggi non più esistente, dove Margherita si sposò il 6 gennaio 1899. Alle 15 un grande corteo, seguito da due carri colmi di fiori, si mosse dalla residenza per accompagnare il carro funebre alla stazione, da dove partì alla volta di Torino, per arrivare a Porta Susa alle 23. L’indomani alle 10 la bara venne tolta dallo scalo merci dov’era stata “parcheggiata”. Coperta da un drappo nero decorato al centro da una croce argentata, fu messa su un carro funebre trainato da quattro cavalli, guidato da staffieri a piedi e circondato da paggi con torce accese tra le mani. Con a capo la Banda Municipale, si avviò così il corteo funebre diretto al Cimitero Monumentale di Torino. A piedi seguivano il carro parenti e amici, personaggi illustri, rappresentanti di varie istituzioni e tanta gente comune. Margherita, che aveva avuto problemi di salute, era in una macchina. Quattro carri e due vetture sepolti da fiori chiudevano quella mesta fiumana, che passò per Via Cernaia, Via Pietro Micca, Via XX settembre e Corso Regina, prima di giungere al camposanto a mezzodì. Lì la folla ascoltò i discorsi commemorativi, che oggi suonerebbero troppo retorici per le nostre moderne orecchie.
Tamagno fu sepolto nella tomba di famiglia, accanto ai genitori. Qui, nella IV ampliazione, lui si recava spesso per raccogliersi in meditazione davanti alla tomba della madre (morta nel 1879 a 56 anni):
“Ogni volta che sono triste vado al camposanto, e rimango là un pezzo, davanti alla sua tomba, pensando a lei, con gli occhi chiusi, per non distrarmi dalla sua immagine, e mi pare di vederla ancora e di sentirne la voce. Le parlo, essa mi risponde, stiamo insieme come quando era viva. Poi, me ne vado via consolato.”
Forse però quel sepolcro secondo la figlia era troppo piccolo per conservare degnamente l’esuberante personalità paterna… già nel 1906 fu approvata dal Comune la proposta di erigere una tomba monumentale su progetto dell’architetto milanese Raineri Arcaini. Il famoso mausoleo Tamagno fu inaugurato in forma privata il 30 aprile 1912 con la traslazione della salma. È probabile che al tenore, di braccino un po’ corto – come abbiamo scritto nella parte 1 –, la nuova ultima dimora non sarebbe piaciuta più di tanto… alta quasi 40 metri, costò ben 360.000£, ovvero quasi quanto fu pagata l’intera costruzione del Campo Primitivo poco meno di un secolo prima. Ancora oggi è il monumento più grande del cimitero.
Quando mi trovo di fronte a questo mausoleo rimango sempre stupita, oltre che dall’evidente imponenza, dal suo candore. Il bianco sfavillante che lo caratterizza è dovuto all’impiego del marmo Botticino, una pietra non assorbente né porosa, che si mantiene bene nel tempo.
18 scalini conducono alla camera sepolcrale. Bisogna avere sangue freddo per salirli, dato che si è controllati dal gelido sguardo di due sfingi della tradizione greca, mezze donne e mezze leonesse, che sembrano pronte a fulminarci (sì, proprio come nel film “La Storia Infinita”)…
La camera sepolcrale è sempre chiusa. Io ho avuto la fortuna di sbirciare dentro: un enorme sarcofago scuro è collocato sul fondo, sopra di esso si trovano fiori e una cornice con l’immagine di Tamagno. Il tutto è condito da una buona dose di polvere e ragnatele, che rendono l’ambiente spettrale. Una scaletta conduce alla cripta, dove si riposa in effetti l’artista.
Sopra l’ingresso doveva essere collocata una pomposa iscrizione in greco, alla fine sostituita da quella attuale, più semplice e comprensibile da tutti:
“A Francesco Tamagno. La figlia”
La struttura che accoglie la camera sepolcrale funge da piedistallo al monumento commemorativo vero e proprio, che si ispira a quello eretto nel 334 a.C. nell’Acropoli di Atene dal corego Lisicrate, per celebrare la vittoria della sua tribù nella gara canora cittadina. In cima ad una cupolina sorretta da sei colonne corinzie disposte a formare un cilindro, si trova il tripode in bronzo, con cui si onoravano un tempo i trionfi artistici.
Per anni il mausoleo Tamagno è rimasto indisturbato, a parte qualche lieve acciacco. Salì nuovamente alla ribalta nel luglio 1986: durante una violenta tempesta un fulmine lo centrò in pieno, decapitando una sfinge e creando seri problemi strutturali. Gli eredi del tenore non avevano i mezzi per affrontare le spese legate al restauro (oltre 500 milioni£), perciò la tomba fu ceduta al Comune, che nel 1999 terminò i lavori restituendo a nuova vita una delle tante meraviglie del Monumentale, che svetta al centro della V ampliazione.
È una tomba mitica, quella di Francesco Tamagno. Insomma: si va a Roma e si passa dal Colosseo, si fa un salto a Pisa e si vede la Torre… e la maggior parte dei torinesi sa, che quando si entra al Monumentale, non si può andar via senza fare un saluto al mausoleo Tamagno.
Approfondimenti
Leggi anche: Francesco Tamagno e il suo mausoleo – Parte 1
(Ringrazio per l’immagine di Margherita Protto Tamagno la Biblioteca di Storia e Cultura del Piemonte “G. Grosso”, Via Maria Vittoria 12 Torino)