Ebbene sì, lo ammetto: il mio cuore è rimasto trafitto dallo sguardo ammaliante dello scultore Pietro Canonica, ritratto a 25 anni in questa fotografia del 1894. In una posa informale, appoggia il volto alla mano; è vestito con eleganza ed è pettinato con cura; i baffetti birichini sono impomatati… un vero dandy. Non mi stupisce che, come si racconta, le donne cadessero ai suoi piedi. Lungi da me mancargli di rispetto: so benissimo che è stato un grande artista e che tra i tanti riconoscimenti che ricevette ci fu anche il titolo di senatore a vita (conferitogli dal presidente Luigi Einaudi nel 1950), ma quando vedo immagini di questo tipo la fantasia inizia a galoppare… che tipo era Canonica? Come fu la sua giovinezza? E la famiglia? La sua vicenda artistica è in tutti i libri d’arte e le sue opere sono così belle che parlano da sole, ma quale fu il suo privato? È questo che mi interessa veramente.
Pietro Luigi Canonica, “Pierino” per gli amici, nacque alle 3.45 del 1 marzo 1869 a Moncalieri, alle porte di Torino. In questa cittadina i Canonica si erano stabiliti da poco tempo per motivi di lavoro del padre. La sua famiglia non era ricca: il padre Giulio Cesare, 42 anni, lavorava per le ferrovie e morì che Pietro era ancora piccolo. La madre, Luigia Pedemonti, era una casalinga di 28 anni con all’attivo già 6 figli. Il primogenito si chiamava Ernesto e morì tragicamente in Sudamerica. La numerosa famiglia abitava nel centro storico di Moncalieri, in Via Real Collegio, in tre stanze al primo piano di una vecchia casa.
Sin da piccino Pietro dimostrò di aver talento artistico: a 10 anni iniziò a lavorare nella bottega di uno scultore (forse Luca Gerosa ?). Andando una volta a teatro rimase folgorato dal Lohengrin di Wagner… la musica da quel momento in poi continuò ad avere nella sua vita un’importanza di poco inferiore alla scultura (vi si dedicò seriamente dai 40 anni e compose ben cinque opere liriche). Era un bimbo allegro: in vecchiaia ricordava che lavorando in bottega era solito canticchiare romanze popolari.
Nel 1881, a 12 anni, iniziò a frequentare all’Accademia Albertina di Torino la scuola di disegno di Enrico Gamba e quella di scultura di Odoardo Tabacchi. Me lo immagino mentre con il cuore in gola varca per la prima volta il portone di questa storica istituzione, dove altri grandi artisti prima di lui si erano formati. Per non gravare sulla famiglia, si manteneva da solo agli studi continuando a lavorare. Nel 1885 aprì un suo studio e dal 1886, appena adolescente, iniziò ad esporre le sue opere alla Promotrice di Belle Arti e al Circolo degli Artisti di Torino, fino ad arrivare alle grandi esposizioni internazionali, ricevendo molti premi. In breve diventò il ritrattista più ricercato dalla nobiltà e dall’alta borghesia – dal mondo che conta insomma –, ottenne onoreficenze a destra e a manca, viaggiò per tutto il mondo e fu un artista acclamato ovunque. Il successo lo fece diventare molto sicuro delle sue capacità… ecco cosa disse:
“Dopo Vincenzo Vela nessun italiano ha saputo scolpire come me un drappeggio nel marmo”
Il 30 novembre 1895 Pietro sposò a Torino Olga Sormani, di quattro anni più grande di lui. Chissà come si conobbero? Fu un colpo di fulmine? Forse sì, dato che lei viene descritta in possesso di “un animo nobile, una mente eletta e modi di gentildonna”. Era figlia di commercianti e sorella di un amico di Canonica, Enrico. Il matrimonio si svolse in collina, a Villa Sormani, “fra un’intimità raccolta, resa ancora più soave dalle tenere note di un violino e di un violoncello”. E poi via, per il viaggio di nozze sulla riviera ligure. Andarono ad abitare nella palazzina di Via Napione 20, dove Pietro aveva il suo atelier. Sembra che i due adottarono una figlia, Olga, che non so però che fine abbia fatto. Olga morì il 7 gennaio 1932 ed è sepolta nella tomba della sua famiglia al Cimitero Monumentale di Torino, accanto alla suocera Luigia (morta nel 1926).
Nel 1927 Canonica si stabilì a Roma nella Fortezzuola di Villa Borghese (oggi Museo Pietro Canonica), concessagli in uso dal Comune a patto che lo scultore si accollasse i restauri. Qui, immerso nel verde e nella tranquillità, senza figli né problemi economici, visse dedicandosi al lavoro e alla pittura, sua passione privata, alternando soggiorni nella sua villa a Vetralla (VT).
Morì nella notte dell’8 giugno 1959 presso la clinica Madonna della Fiducia. Era vegliato dalla sua seconda moglie, Maria Assunta Riggio, sposata il 31 marzo 1954 a Roma, quando lo scultore aveva già 85 anni. Immagino che furono nozze del tutto diverse rispetto a quelle della giovinezza con Olga…
Poco prima di morire ricevette la benedizione dal segretario del papa, dopo la quale pronunciò le sue ultime parole:
“E’ una cosa divina”
La camera ardente fu allestita nella galleria centrale della Fortezzuola, dove si pensò in un primo tempo di seppellirlo. I funerali di Stato si svolsero l’11 giugno alle 9 nella Chiesa di Santa Maria degli Angeli alla presenza di molte autorità. Fu sepolto al Cimitero del Verano.
Morì novantenne, ma io lo voglio ricordare com’era nella foto del 1894 e come lo descrisse il critico d’arte Marziano Bernardi:
“Bellissimo nel nitido profilo di medaglia antica, fiero e gentile nel tratto, nato signore malgrado la modesta origine”
Testi e immagini © Manuela Vetrano. Se desiderate utilizzare questo materiale scrivete a: info@lacivettaditorino.it
Approfondimenti
Leggi anche: Il Museo Pietro Canonica a Roma e il Monumentale di Torino