L’ex-cimitero di San Pietro in Vincoli non è stato solo il custode delle spoglie della bella principessa russa Barbara Beloselskaja, ma anche testimone di un episodio curioso (e condito da una buona dose di black humor) che ebbe per protagonista San Giovanni Bosco.
Siamo nella primavera del 1845. Don Bosco ancora non ha trovato una sede stabile per il suo oratorio e per la moltitudine di ragazzi che lo frequentano. Ha appena lasciato il Rifugio fondato dalla marchesa Giulia di Barolo e gli viene in mente un’idea un po’ pazza: fare del Cimitero di San Pietro in Vincoli il centro della sua attività. Il cimitero è attivo solo più per le tombe di famiglia già da diversi anni, ma comunque è spesso frequentato da coloro che vanno a pregare nella cappella e perciò è affidato ad un custode: Don Tesio, 68 anni.
Appoggiato dall’Arcivescovo, Don Bosco invia la sua domanda al Municipio, che la approva. Nelle sue Memorie, il Santo (che non difettava certo di senso dell’umorismo) ricorda:
In questa sede ci attendeva un potente nemico… non uno dei tanti defunti che riposavano nei sepolcri, ma una persona viva: la domestica del cappellano.
La temibile perpetua in questione si chiama Margherita Sussolino e proprio non sopporta l’incredibile vitalità degli oratoriani, soprattutto perché spaventano le galline che lei alleva sotto il porticato del cimitero. Per lei sono tutti “canaglie” e “profanatori di tombe”, Don Bosco compreso.
La goccia che fa traboccare il vaso cade il 25 maggio. La domestica furiosa per le urla dei giochi dei ragazzi perde la pazienza e inizia ad inveirgli contro, mulinando a più non posso la sua scopa al pari di una vecchia befana. Don Bosco cerca di calmarla, ma viene a sua volta investito dagli insulti. Il sant’uomo capisce che è ora di levare le tende. Riunisce i ragazzi e, dopo aver detto una preghiera in chiesa, se ne va con tutti loro.
La sera stessa Don Tesio, fomentato dalla perfida Margherita, scrive una lettera al Comune contro Don Bosco e la sua opera. Scrive Don Bosco nelle Memorie:
“C’era tanto veleno in quella lettera, che fu immediatamente spiccato un ordine di cattura per chiunque di noi fosse tornato in quel luogo.”
Come si conclude la vicenda? Ebbene, tre giorni dopo l’invio della lettera, Don Tesio muore per un colpo apoplettico e qualche giorno dopo non si hanno più notizie della perpetua-arpia: forse morta o magari sparita nel nulla come la Malvagia Strega dell’Est del Mago di Oz… non lo sapremo mai.
Don Bosco coglie la palla al balzo e con i suoi collaboratori inoltra domanda al Municipio per essere nominato cappellano di San Pietro in Vincoli. La richiesta viene respinta, perché l’opera del prete, seppur “nobile e santa”, viene giudicata “non conforme al silenzio delle tombe”.
La vicenda assume poi contorni misteriosi se crediamo alla testimonianza di due oratoriani, il Buzzetti e il Melanotte, che raccontano di aver udito mormorare Don Bosco, mentre con loro si allontanava da San Pietro in Vincoli:
“L’oratorio se ne va, ma tra poco se ne andranno anche cappellano e perpetua.”
Mai frase fu più letale e sicuramente ha contribuito (insieme ad altri episodi) a costruire negli anni la fama di profeta che aleggia intorno al Santo.
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