Da marzo 2013 finalmente tutti la possono ammirare. Basta recarsi alla GAM, in Via Magenta 31, e acquistare il biglietto d’ingresso. Eccola! E’ la Religione, la statua eseguita in marmo bianco dallo scultore romano Innocenzo Spinazzi nel 1794, da molti conosciuta come la Dama Velata. Imponente e misteriosa ci scruta dall’alto del suo piedistallo, totalmente coperta da un velo, che, aderendo al suo corpo, ne mette in risalto le curve, lasciandone intravedere anche i tratti del volto… mi chiedo come apparirebbe se potesse essere investita dalla luce: di un candore accecante… il velo trapassato dai raggi del sole perderebbe la sua consistenza marmorea, per rivelare la sua trasparenza…
Ci guarda, la Velata, e sembra volerci dire tante cose… e tante domande vengono in mente a noi osservandola: perché è stata scolpita? Come mai si trova qui? Qual è la sua storia? E’ una storia legata ai cimiteri di Torino (certo, altrimenti non avrebbe senso raccontarla in questo blog!), che ci catapulta indietro nel tempo fino alla fine del 1700, precisamente al 25 novembre 1792.
E’ il giorno in cui muore, ad appena 28 anni, la principessa Barbara Jakovlevna Tatisjtjeva, lasciando nel dolore suo marito, il principe Aleksandr Michajlovič Beloselskij, ambasciatore russo a Torino, e tre figlie. Barbara fu sepolta nel Cimitero di San Lazzaro. Per celebrare la sua giovane consorte attraverso un degno monumento da posizionare ad ornamento della sua tomba, Aleksandr commissionò a Innocenzo Spinazzi una scultura raffigurante una donna velata, simbolo della fede e della fiducia incondizionate nei confronti della religione anche nei momenti più bui della vita (la statua non rappresenta affatto la morte, com’è riportato in molti testi e siti… interpretazione intrigante, ma errata). Spinazzi replicò una scultura da lui realizzata nel 1781 per la Chiesa di Santa Maria Maddalena de’ Pazzi a Firenze, luogo in cui è conservata a tutt’oggi.
Ad arricchire ancora di più quest’opera, vennero posizionati sulla tomba anche un medaglione con il ritratto della principessa sorretto da tre puttini e un’epigrafe recante i seguenti toccanti versi ideati dal marito:
“Oh, sentimento! Sentimento!
Dolce vita dell’anima.
Quale cuore non hai mai colpito?
Qual è lo sfortunato mortale a cui non hai offerto
il dolce piacer di versar lacrime?
E qual è l’anima crudele
che, di fronte a questo monumento così semplice e pietoso,
non si raccolga con malinconia
e non perdoni generosamente
i difetti dello sposo che l’ha innalzato?”
Dopo la soppressione del Cimitero di San Lazzaro però, iniziò una vera e propria odissea per la principessa e per la sua tomba: la poveretta faticò assai per ottenere quella che tutti chiamiamo “ultima dimora”. Nel 1866 fu trasferita nel Cimitero di San Pietro in Vincoli, con al seguito il suo bellissimo monumento funebre. Quando anche questo cimitero fu definitivamente chiuso ed iniziò ad essere teatro di messe nere, atti vandalici e ruberie varie, la tomba di Barbara venne purtroppo devastata: sparirono l’epigrafe e il medaglione con i puttini, vennero amputate le mani della Velata e spaccato il libro sorretto dalla destra. Molto probabilmente anche i resti della donna furono trafugati.
Negli anni ’70 il Comune decise il trasferimento della Velata presso i magazzini sotterranei della Mole Antonelliana. Venne poi esposta temporaneamente alla GAM. Giunse in seguito al Cimitero Monumentale, dove fu conservata fino al definitivo ingresso presso la GAM, dov’è attualmente.
La triste vicenda della bellissima e sfortunata principessa russa morta prematuramente alimentò subito la nascita e diffusione di racconti e leggende, dalle atmosfere gotiche ed esoteriche, dedicati alla sua romantica figura tramutata in fantasma. Ancora oggi si aggirerebbe alla ricerca del suo amato sposo nei luoghi dove l’imperscrutabile Velata venne posizionata. Il web è pieno di storielle riguardanti questo spirito inquieto.
Così termina la storia della principessa e del suo monumento funebre. Cosa capitò invece a coloro che l’amavano e che rimasero senza di lei? Il principe Beloselskij si risposò ed ebbe altri figli dalla seconda moglie. Una delle figlie di Barbara, Zinaida Aleksandrovna Beloselskaja, sposò nel 1810 il principe Nikita Grigorevič Volkonskij, da cui ebbe un figlio, Aleksandr Nikitič. Zinaida fu scrittrice, poetessa e musicista, figura di spicco nella vita culturale europea dell’Ottocento. Trascorse gli ultimi anni di vita a Roma, a Villa Volkonskij, fatta costruire da lei (oggi residenza dell’ambasciatore inglese). La sua vita fu più lunga di quella di sua madre: morì di polmonite il 24 gennaio 1862, a 73 anni, e fu sepolta nella Chiesa dei Santi Vincenzo e Anastasio, di fronte alla Fontana di Trevi, insieme al marito e a una delle sue due sorelle.
Tutto questo è quanto si cela dietro alla “Religione” esposta alla GAM. Purtroppo l’opera è decontestualizzata (a mio avviso sarebbe molto più suggestiva nell’ambiente per cui è stata pensata, un cimitero) e non c’è una didascalia che ci racconti le sue peripezie e che ci permetta di ricordare Barbara. Ma per fortuna nessuno potrà più toccarla e rovinarla, così potrà essere ammirata per sempre da tutti. E comunque sempre ci sarà un modo (andando in biblioteca, navigando in internet…), per chi non si accontenta solo di ciò che vede superficialmente, di venire a conoscenza dei personaggi e degli accadimenti che hanno portato alla sua realizzazione.
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Testi e immagini (dove non specificato altrimenti) © Manuela Vetrano. Se vuoi usare questo materiale, scrivimi: info@lacivettaditorino.it
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