Siete mai stati al Circolo degli Artisti di Torino? E’ un’istituzione cittadina attiva da oltre 160 anni, il cui fine è sempre stato quello di “contribuire all’incremento delle lettere e delle arti belle”.
Fondato nel 1847, è dal 1858 che il Circolo ha la sua sede in uno degli edifici nobiliari più importanti di Torino: Palazzo Graneri della Roccia, in via Bogino.
Perché ve ne parlo? Per due motivi. Il primo, più generale, è che il Circolo degli Artisti ha avuto come soci grandi scultori che hanno lasciato opere nel Cimitero Monumentale di Torino (Bistolfi, Calandra, Vela…) e pittori che nel Monumentale sono sepolti (d’Azeglio, Morgari, Fontanesi…). Il secondo motivo è che nelle sale di questa società, ricche di oggetti curiosi e opere d’arte, si trova anche una fornitissima biblioteca. E qualche tempo fa, tra i suoi scaffali, è spuntata dalla rivista satirica Il Fischietto (anno XLVII, n° 37 del 7 maggio 1895) un’illustrazione che la Civetta ha trovato davvero intrigante. Eseguita da Caronte (Arturo Calleri), riproduce un quadro del pittore Giacomo Grosso (socio del Circolo degli Artisti dal 1881 fino al 1938 e sepolto al Monumentale) che molto fece discutere all’epoca.
Ma partiamo dall’inizio!
Nel 1895 Grosso, già famoso e docente presso l’Accademia Albertina, fu invitato ad esporre alla prima edizione della Biennale di Venezia. Per l’occasione realizzò un “quadro di ardita composizione fantastica” intitolato Il Supremo Convegno.
Il 10 aprile l’opera arrivò a Venezia, mentre erano in fermento i lavori di allestimento. Fu tolta dagli imballaggi e i primi che la videro rimasero a bocca aperta: era raffigurato l’interno di una chiesa, dove cinque donne nude in pose lascive erano poste intorno e sopra la bara aperta di un fantomatico dongiovanni irrigidito non dalla lussuria, ma dalla morte (tra l’altro, il drappo su cui le donnine furono adagiate è lo stesso che venne usato per le esequie del pittore nel 1938).
La notizia della presenza di questo dipinto dal soggetto piuttosto piccante si diffuse in un batter d’occhi suscitando – a mostra ancora chiusa! – la condanna del Patriarca (il futuro Papa Pio X). Questi chiese che la licenziosa opera non venisse esposta: “Corre in città la voce che tra le opere d’arte da esporsi ve ne sia una che offende altamente il pudore ed io prego perché non sia messa in mostra”.
Il sindaco di Venezia iniziò a sudare freddo, immaginando la sua probabile scomunica. Perciò chiese l’intervento di una commissione che giudicasse l’idoneità del quadro all’esposizione. Gli esperti risposero: “Il dipinto del signor Grosso rappresenta in modo violento uno stretto e pauroso nesso tra la libidine e la morte, onde lo spettatore è mosso ad inorridire delle nudità che vi si ostentano bestialmente (…). No, il dipinto non reca oltraggio alla morale pubblica”.
All’apertura della mostra, Il Supremo Convegno venne quindi esposto, ma in una saletta ben nascosta. Il caso era però scoppiato e il pubblico accorreva a frotte per vedere proprio quella tela. Il risultato fu che a fine Esposizione, Grosso guadagnò (alla faccia del Patriarca e dei benpensanti) il premio popolare di 1000£ e l’aumento della sua notorietà. Il suo dipinto fu subito acquistato per 15.000£ dalla Venice Art Company, società americana che intendeva portare Il Supremo Convegno in tour per gli Stati Uniti, dove già era giunta l’eco del suo scandalo.
Così interpretò il quadro La Stampa: “E’ il convegno della morte al quale dobbiamo andare nonostante il bel fisico, i sentimenti nostri, la nostra volontà e il palpito tripudiante dei sensi”.
E adesso? Dove possiamo ammirare l’opera tutta torinese che sconvolse la prima Biennale di Venezia e che fece parlare di sé il mondo intero?
Da nessuna parte purtroppo. Durante la prima tappa della mostra americana itinerante, il padiglione che la ospitava prese fuoco e del dipinto rimase solo la cenere. Secondo altre fonti il dipinto non arrivò mai in America perché fu distrutto da un incendio divampato sulla nave che lo trasportava. Del Supremo Convegno restano oggi solo vecchie riproduzioni, nonché l’illustrazione del Fischietto, che si può osservare al Circolo degli Artisti.
Aprite la rivista piano e con calma però: non vorrete mica rischiare che la vostra moralità venga traviata da questa immagine così peccaminosa!
(Grazie Davide Mabellini, socio del Circolo degli Artisti, per avermi segnalato l’illustrazione del Fischietto)
Approfondimenti
Info sul Circolo degli Artisti: www.circoloartistitorino.it