25 marzo – Dantedì
Il 25 marzo ricorre il Dantedì, la Giornata Nazionale dedicata a Dante Alighieri. È stata scelta questa data perché, secondo gli studiosi, corrisponderebbe all’inizio del viaggio di Dante nell’Aldilà della Divina Commedia. Quest’anno il Dantedì è particolarmente significativo, perché nel 2021 ricorrono i 700 anni della morte del Sommo Poeta, avvenuta nella notte tra il 13 e il 14 settembre 1321. Dunque mi sono detta: “Perché non raccontare agli adepti civettuoli la storia della tomba di Dante?”. Si tratta di una storia un po’ burrascosa, che vale la pena ricordare. La tomba di Dante si trova a Ravenna, in via Dante 9 (una rientranza di via Guido da Polenta), nella cosiddetta “zona dantesca” formata dal mausoleo, dalla basilica di San Francesco con i suoi chiostri e dal Museo Dantesco.
La morte di Dante
Dante Alighieri morì a causa della malaria contratta durante un viaggio di ritorno da Venezia. Non morì a Firenze, sua città natale. Da qui se ne andò nel 1301, costretto all’esilio per motivi politici, e non vi fece più ritorno. Passò a miglior vita in quel di Ravenna, dove si era stabilito nel 1318. I funerali si tennero nella basilica di San Francesco (all’epoca intitolata a San Pietro Maggiore) alla presenza di molteplici persone. L’eterno riposo del poeta non fu per nulla quieto: come fu costretto a viaggiare in vita, così fece anche dopo la morte.
Le prime due tombe di Dante
Il corpo del poeta fu deposto all’interno di un sarcofago di epoca romana, sito sulla strada, fuori dal chiostro della basilica di San Francesco. Nei primi anni ’80 del 1400, per volontà del podestà Bernardo Bembo, fu eretta una nuova tomba commissionata allo scultore Pietro Lombardo. Presto i fiorentini iniziarono a reclamare le spoglie del loro illustre concittadino, ma le richieste rimasero inesaudite. Nel 1513, con l’elezione di Giovanni de’ Medici a papa con il nome di Leone X, i fiorentini ripresero a sperare nel trasferimento delle ossa letterate. In effetti, il papa diede il suo consenso allo spostamento ma, nel 1519, quando la delegazione toscana arrivò a Ravenna per procedere all’operazione, si trovò davanti a un sarcofago vuoto.
I frati nascondono le ossa di Dante
I frati non intendevano affatto separarsi dal ravennate “adottato”. Praticarono un buco sul retro della tomba dal muro del chiostro, trafugarono le ossa e le fecero sparire, non si sa dove. Spostarono anche il sarcofago all’interno del chiostro, per poterlo meglio sorvegliare. Dei resti mortali dell’autore della Divina Commedia si persero le tracce fino a quando fu eretta nel 1781 l’attuale tomba. Qui furono deposte le ossa, che dal 1677 i frati avevano messo all’interno di una cassa di legno (oggi conservata nel Museo Dantesco). Ma la storia non finisce qui! Con l’occupazione napoleonica, nel 1810 il convento fu soppresso. Prima di andarsene, i frati decisero di spostare le ossa dantesche in un altro luogo segreto, che tale rimase fino al 1865. Quindi, dal 1810 al 1865, i visitatori che si recarono ad omaggiare Dante sulla sua tomba erano del tutto ignari di trovarsi davanti a un sepolcro vuoto.
Il ritrovamento del 1865 e la guerra
Il 27 maggio 1865, durante dei lavori di abbellimento dell’area, i muratori Pio Felletti e Angelo Dradi rinvennero la cassa, che era stata murata dai frati nel chiostro, tra la cappella Rasponi e Braccioforte. Questa cassa sarebbe stata gettata via, se lo studente Anastasio Matteucci non avesse decifrato l’iscrizione in lingua latina: “Dantis Ossa”. La salma fu ricomposta ed esposta al pubblico per qualche mese. Infine, posizionata in una cassa di noce con coperchio di piombo, fu ritumulata all’interno dell’attuale tomba. Finalmente Dante avrebbe potuto riposare in pace? No! Perché nel 1944 ciò che rimaneva di lui fu di nuovo spostato nel chiostro e coperto da un tumulo per essere protetto dai bombardamenti. Dante venne ricollocato di nuovo al suo posto nel 1945, a guerra terminata.
La tomba neoclassica di Dante
Ho visitato la tomba di Dante a Ravenna nel 2013 ed è stata la prima tappa. Ebbe addirittura la precedenza sui famosi mosaici e sulla piadina. La tomba che si vede attualmente si trova all’interno di un tempietto neoclassico edificato tra 1780 e 1781 dall’architetto Camillo Morigia su commissione del cardinale Luigi Valenti Gonzaga, del quale troneggia lo stemma sulla porta d’ingresso. Questo mausoleo è stato soprannominato dai ravennati “zuccheriera” per le sue piccole dimensioni. Entrando, si nota subito, addossato alla parete di fondo, il sarcofago . Questo è sormontato dal bassorilievo eseguito per la tomba quattrocentesca, che raffigura Dante impegnato nella lettura di alcuni volumi. L’epitaffio risale al 1327 e fu dettato dal bolognese Bernardo Canaccio. Il mausoleo è stato dichiarato monumento nazionale.
Il cenotafio di Dante a Firenze
Nella speranza di veder ritornare i resti di Dante in città, i fiorentini promossero una sottoscrizione pubblica per mettere insieme i fondi finalizzati alla realizzazione di un monumento funebre nella Basilica di Santa Croce. Realizzato nel 1829 dallo scultore Stefano Ricci, questo sepolcro in marmo bianco è rimasto vuoto ed oggi costituisce uno splendido cenotafio, dove il poeta è raffigurato pensoso tra le allegorie dell’Italia e della Poesia che lo piangono. La presenza di Firenze è comunque viva nella tomba di Dante a Ravenna. Infatti, dal 1908, Firenze offre l’olio d’oliva dei colli toscani usato per alimentare la lampada votiva barocca che pende dalla volta del tempietto.
E a Torino?
La morte di Dante Alighieri è ricordata anche a Torino. Volete sapere dove? In via Gaudenzio Ferrari 1. Oggi qui si trova il Laboratorio dei Perché, ma un tempo vi aveva sede il Museo Civico poi trasferito a Palazzo Madama. Entrando, si può vedere sulla parete di sinistra un affresco del 1863 che riprende il dipinto di Eugenio Moretti Larese intitolato “La morte di Dante” e realizzato tra 1852-1853. Quando passate da quelle parti, ricordate di dare una sbirciata!
Sul canale YouTube della Civetta di Torino trovi il video sulla tomba di Beatrice Portinari, la musa di Dante!
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Testi e immagini (dove non specificato altrimenti) © Manuela Vetrano. Per scrivere questo articolo ci ho messo impegno e tempo. Per favore, se vuoi usare questo materiale, scrivimi: info@lacivettaditorino.it.