Secondo il calendario gregoriano, il 25 novembre ricorre la festa di Santa Caterina d’Alessandria d’Egitto. Le agiografie ci raccontano che Caterina era una fanciulla, vissuta tra III e IV secolo, famosa per la sua grande bellezza e la sua profonda cultura. Si rifiutò sempre sia di sposarsi, in quanto già unita a Dio attraverso il matrimonio mistico, che di convertirsi al paganesimo, ragion per cui venne martirizzata con la ruota dentata, l’attributo iconografico con cui viene sempre rappresentata, e infine fu decapitata.
Per la sua saggezza e la capacità di tener testa a un gruppo di sapienti durante una disputa teologica, Santa Caterina è considerata la protettrice degli studenti, ma non solo. Il fatto di non avere un compagno e di essere indipendente, l’ha resa patrona delle sarte, ovvero di quelle donne nubili che vivevano del proprio lavoro e che in suo onore furono soprannominate caterinette.
A rendere immortale il mondo delle sartine e degli studenti universitari nella meravigliosa Torino della Belle Époque è stato NINO OXILIA (Torino, 13 novembre 1889 – Monte Tomba, TV, 18 novembre 1917). Di lui ho scritto nel mio libro Torino Silenziosa e ne parlo spesso durante le visite guidate al Cimitero Monumentale di Torino. Proprio qui si trova un cippo a lui dedicato (non sono sicura al 100% che sia la tomba vera e propria) e sormontato da un busto che lo raffigura vestito da soldato. Infatti, Oxilia, all’entrata dell’Italia in guerra, decise di arruolarsi come volontario e morì in battaglia a soli 28 anni, come successe a tanti altri giovani della cosiddetta generazione perduta.
Chissà quanto avrebbe potuto darci Nino Oxilia, se non fosse morto troppo presto! Fu una personalità poliedrica: poeta, giornalista, commediografo, regista… insieme al suo inseparabile amico Sandro Camasio (Isola della Scala, VR, 5 aprile 1886 – Torino, 23 maggio 1913), nel 1911 scrisse una commedia che fece furore: Addio, giovinezza!. Anche Camasio morì giovanissimo come il suo sodale, a 26 anni, per una meningite fulminante. Aveva scritto di Addio, giovinezza!: “è venuta al mondo sincera, leggera, senza fronzoli. È ora che il pubblico impari ad apprezzare la gioia dei giovani, a capire quanta forza sia nella loro spensieratezza”. E in effetti la commedia fu un successo straordinario, proprio perché i due amici riuscirono a cristallizzare alla perfezione in quest’opera le loro amate esperienze giovanili e la brillantezza di un’epoca che di lì a poco si sarebbe dissolta a causa dello scoppio della Grande Guerra.
La commedia venne rappresentata svariate volte nei teatri di tutta Italia e da essa furono tratti ben quattro film e due adattamenti televisivi. Il primo film del 1913 fu diretto dallo stesso Oxilia ed ebbe per protagonista la bella attrice Lydia Quaranta, anche lei sepolta al Monumentale di Torino (ma questa è un’altra storia e ve la racconterò un’altra volta!).
Addio, giovinezza! narra le vicende di Mario, uno studente alla vigilia della laurea in medicina, e della “bella, civettuola ed elegante” Dorina, una delle migliaia di sartine che popolavano Torino a inizio Novecento, quando la città era la capitale indiscussa della moda italiana. Non voglio spoilerarvi la storia, perciò vi invito a leggere il libretto, che trovate disponibile su Google, e a guardare il film (su YouTube potete vedervi la versione del 1940). Dunque, a Torino, data la vicinanza dell’Università con gli atelier dislocati nel centro storico, studenti e sartine giravano sempre insieme e il 25 novembre insieme festeggiavano Santa Caterina con un grande veglione.
L’ex caterinetta Carla Griva, classe 1935, intervistata da Memoro.org, ricorda che gli studenti con qualche soldo in più erano soliti recarsi agli angoli di piazza Castello (o in piazza San Carlo o in piazza Solferino) da una signora che teneva in mano una grande cesta dal manico lungo. Questa donna era chiamata in dialetto la violetera e dentro alla sua cesta c’erano i mazzolini di fiori, soprattutto violette, che gli universitari compravano per fare un dono alle caterinette all’uscita dal laboratorio. Dopo la morte di Nino Oxilia, il Comune fece posizionare sulla facciata del palazzo in cui nacque, in via Garibaldi 9 bis, un’epigrafe commemorativa che, ahimè, oggi è del tutto illeggibile. Quando passo lì davanti alzo sempre lo sguardo e vederla ridotta così mi riempie di tanta tristezza. Questo è il testo:
NINO OXILIA
CANTÒ NELLA VITA E NELL’ARTE
LA GIOIA DIVINA DELLA GIOVINEZZA
E ALLA DIFESA DELLA PATRIA
L’OFFERSE
CON LA POESIA EROICA DEL SACRIFICIO
NATO IN QUESTA CASA IL 13 NOVEMBRE MDCCCLXXXIX
CADDE COMBATTENDO SUL MONTE TOMBA IL 18 NOVEMBRE MCMXVII
TORINO
QUI NE RICORDA IL NOME E L’OPERA
DI POETA E SOLDATO
Carla Griva racconta che, ancora alla sua epoca, ogni anno gli universitari erano soliti posizionare vicino a questa targa un mazzolino di fiori (per lo più violette) per ricordare colui che li rese immortali insieme alle sartine. Mi fa piacere potervi dire che questa usanza viene portata avanti anche ai giorni nostri. Il 18 novembre, giorno in cui ricorre la morte di Nino Oxilia, il vecchio mazzolino viene sostituito da uno fresco. Io oggi sono andata a vedere e al posto dei fiori secchi è spuntato un mazzolino di fiori belli vermigli. Saranno sempre gli universitari a metterlo? Non lo so ma, se vi capita, passate anche voi da via Garibaldi 9 bis a dare un’occhiata a quei fiorellini, per ricordare Nino Oxilia e la Torino perduta di Addio, giovinezza!. E non dimenticate di andare a trovarlo anche al Cimitero Monumentale!
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L’immagine di apertura del post riguarda il film Addio, giovinezza! del 1918 ed è tratta da www.zero.eu
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