Il mio rapporto con i cimiteri è stato sempre sereno. Non ho mai temuto questi luoghi, né li ho mai considerati lugubri o da evitare. Per questo devo ringraziare la mia famiglia, che fin da bambina me li ha fatti frequentare e conoscere per quello che sono: giardini speciali dove trascorrere qualche ora per ricordare la vita di coloro che non ci sono più. Non tutti la vedono così. Per alcuni è meglio tenere il più possibile i bambini alla larga dai cimiteri e da tutto ciò che ha a che fare con la morte… ma è un atteggiamento giusto? Per cercare di rispondere a questa domanda, mi sono rivolta ad un professionista, l’educatore Lorenzo Naia. redattore del blog La Tata Maschio, che ho conosciuto durante una visita al Monumentale. Lorenzo è laureato in psicologia e la sua passione, il mondo dell’infanzia, è diventata anche il suo lavoro. Perciò chi meglio di lui può guidarci attraverso questo tema molto particolare?
Quando eri piccolo, i tuoi genitori o i tuoi nonni ti portavano al cimitero? Che impressioni avevi di questo luogo? E oggi?
Quando ero piccolo si andava al cimitero soprattutto in occasione di una ricorrenza e si passava a salutare tutti i propri cari. La mia attenzione è sempre stata maggiormente rivolta, più che ai defunti, verso familiari e amici (anche sconosciuti) che si trovano a dover affrontare un momento doloroso come un lutto, nel loro percorso personale.
La passeggiata insieme a te al Monumentale di Torino, invece, mi ha fatto vedere il cimitero anche sotto una nuova luce, soffermandomi sull’aspetto artistico. Come mi hai raccontato tu, oltre a essere un luogo di memoria, è una sorta di museo a cielo aperto.
Sento spesso di persone che ritengono sia meglio non portare i bambini nei cimiteri o ai funerali. In qualità di educatore tu cosa ne pensi?
Ci sono esperienze talmente primordiali che ci mettono totalmente a nudo e verso le quali siamo disarmati. La morte è una di queste, a ogni età. Credo pertanto sia difficile stabile una “regola” giusta per tutti. Come sempre, la nostra sensibilità nell’affrontare un argomento può fare la differenza. In linea generale cercherei sempre di non far diventare la morte un tabù, cosa ancora più pericolosa, e portare i bambini al cimitero affinché possano gradualmente iniziare a porre (e porsi) delle domande in merito. Per i funerali, dipende dall’età e dal coinvolgimento emotivo del bambino.
Come si può spiegare a un bambino perché le persone muoiono?
Se un bambino ci rivolge una domanda, comprese quelle più “grandi”, generalmente possiamo trovarci di fronte a tre diversi scenari. Nel primo caso, il bambino chiede per sentirsi ripetere una risposta già sentita altre volte. La ripetizione delle cose note è una richiesta frequente, poiché infonde sicurezza. Nel secondo caso, il bambino conosce già la risposta o si è costruito una sua spiegazione, ma ha bisogno di una conferma autorevole, quella dell’adulto. Nel terzo caso, il bambino chiede per osservare la nostra reazione. Ecco perché è fondamentale tenere a mente che non comunichiamo solo con le parole, ma anche e soprattutto col nostro corpo, con l’espressione del viso, col tono della voce. Le domande difficili richiedono risposte impegnative, non banali, e già questo agli occhi dei bambini identificherà la tematica come qualcosa di delicato e rilevante.
Ricordiamoci che queste “grandi” domande non sono mai semplici domande – come potrebbe essere ad esempio “perché piove?” – poiché implicano sempre uno stato emotivo, un sentimento. Quindi, di nuovo, la nostra sensibilità si rivela essere uno strumento essenziale. Non amo le formule precostituite, credo che ciascuno debba provare a fornire la spiegazione che gli sembra più vicina alle sue convinzioni personali, trovando le parole più adatte; ad ogni modo, quello che ripeto spesso ai genitori, è che se il bambino ci pone una domanda, è perché è anche pronto ad ascoltarne la risposta. Per cui non neghiamogli mai la nostra visione, né diamo rispose fuorvianti o evasive. In sostanza, non inganniamolo.
Ti è mai capitato di dover spiegare a un bimbo il fenomeno della morte? Quali sono state le sue reazioni?
Sì, mi è capitato e anche in situazioni complesse. I bambini, in realtà, spesso sono più vicini alla morte di quanto pensiamo. E questo proprio perché la morte è uno degli aspetti della vita. Può succedere di perdere un animale domestico, di incontrare un uccellino morto al parco o che venga a mancare un parente di qualche compagno di classe. In generale, ovviamente, è sempre auspicabile – ma, ahimè, non in nostro potere – un approccio graduale a questo argomento e mai in maniera traumatica. Ma anche per i bambini, esattamente come per gli adulti, arriva il momento in cui decidere cosa farsene di questi eventi, se chiudersi in se stessi oppure vederli come un’opportunità per conoscere ancora meglio la vita!
Esistono libri per bambini che riguardino queste tematiche?
Sono convinto che la letteratura per l’infanzia non solo possa parlare di queste tematiche, ma debba farlo! Perché la letteratura, l’arte in generale, in qualche modo parla sempre della vita, in tutti i suoi colori, anche quelli che magari ci piacciono meno, ma che appunto servono a completare la tavolozza. Noto una tendenza crescente a evitare di affrontare con i bambini temi ritenuti forti, per paura di procurare turbamento in loro; i libri, al contrario, possono rappresentare uno spazio mediato in cui far vivere solo virtualmente un’esperienza, far immaginare una storia, sperimentandone sentimenti e riflessioni, ma con una rete di protezione. I libri sono come anticorpi che avvicinano pian piano i bambini a ciò che incontreranno durante la loro crescita: non ne garantiscono la protezione totale, ma sarebbe decisamente peggio arrivare completamente indifesi! Per cui facciamoci aiutare dalle storie e magari, partendo da queste, proviamo a raccontare ai bambini ciò che hanno bisogno di sapere.
Tra gli albi illustrati che preferisco sul tema della perdita e del lutto, tutti più o meno indicati a partire dai 4 o 5 anni di età, segnalo:
– “Il viaggio sul fiume” di Beuscher Armin e Haas Cornelia – Jaca Book. Un gruppo di amici, tutti animali, si trova ad affrontare un evento imprevisto: uno di loro deve partire per un viaggio sul fiume e già sentono la sua mancanza.
– “Ho lasciato la mia anima al vento” di Roxane Marie Galliez e Éric Puybaret – Emme Edizioni. Un saluto poetico di un nonno al suo nipotino.
– “L’anatra, la morte e il tulipano” di Wolf Erlbruch – Edizioni E\O. L’autore, senza timori di sorta, presenta la morte come un personaggio, che sorride e fa sorridere, pone domande e non nasconde i suoi timori.
– “L’isola del nonno” di Benji Davies – Giralangolo EDT. Il nonno, dopo tante avventure col nipotino, deve navigare verso un’isola tutta sua.
Torniamo a te… cosa significa essere una Tata Maschio?
Fare la tata maschio vuol dire innanzitutto oltrepassare pregiudizi e stereotipi; la scelta stessa del nome è un invito a superare gli schemi mentali e approcciarsi alle persone sospendendo di tanto in tanto il giudizio e qualificandole per ciò che sanno fare e amano fare. La condizione indispensabile per una società felice è avere persone realizzate. E gli stereotipi non sono mai un trampolino verso l’affermazione, semmai una gabbia che trattiene e appiattisce.
Nel 2014 ho aperto il blog per raccontare questo mio punto di vista; lì confluisce tutto ciò che mi piace e che mi sta a cuore! Ecco perché ci sono così affezionato…
Qual è il tuo sogno professionale? Dove possiamo rintracciarti?
Il mio desiderio è di occuparmi sempre di più di divulgazione e di comunicazione.
Vi aspetto sulla mia pagina Facebook La Tata Maschio, sul mio profilo Instagram latatamaschio e sul mio blog www.latatamaschio.it (ora in fase di ristrutturazione!).
Sto programmando diversi eventi per i genitori e le famiglie. Se volete fare una passeggiata interattiva per il centro storico di Torino, tra giochi e curiosità, sono pronto ad accompagnarvi in un Safari Urbano! Per informazioni, scrivetemi all’indirizzo parliamone@latatamaschio.it.
Mi trovate anche in libreria con:
– “Mr Creen ha fame” (Echos Edizioni), una pubblicazione narrativo-didattica sulla dieta mediterranea e la piramide alimentare
– “Fiabe in rosso” (VerbaVolant Edizioni), un libro contro la violenza sulle donne e gli stereotipi di genere che è diventato anche una mostra itinerante che sta viaggiando per l’Italia
– “Briciole” (VerbaVolant Edizioni), un viaggio nella capitale francese di inizio Novecento per raccontare la storia di alcune briciole cadute da golosi dolci, ma convinte di esser state scartate perché meno buone…
– In uscita a dicembre, sempre per VerbaVolant Edizioni, una raccolta di filastrocche sui nonni!
Grazie Lorenzo! Amici civettuoli, seguite La Tata Maschio perché ne vale davvero la pena!
L’immagine che apre il post è tratta dal libro: “L’isola del nonno” di Benji Davies – Giralangolo EDT
Leggi anche: La Tata Maschio – Una passeggiata al cimitero