Il 17 maggio 1828 si svolse la cerimonia per la posa della prima pietra del nuovo cimitero di Torino. All’interno di una fossa scavata dove sarebbe sorta la cappella mortuaria, vennero poste due cassette con dentro medaglie, monete e le deliberazioni comunali riguardanti la nuova fabbrica. Questa buca fu riempita di calce e coperta da una pietra su cui era incisa una descrizione a ricordo dell’evento.
Il terreno dove ciò avvenne fu acquistato dal municipio dopo lunghe trattative con i vecchi proprietari, Giovan Battista Allumello ed Emanuele Vacchetta.
Il progettista del cimitero generale fu Gaetano Lombardi, direttore dei lavori dell’ingresso con la cappella e di quello che oggi è definito Campo Primitivo, ovvero la parte originaria dell’intero Monumentale. Presso l’Archivio Storico torinese, tra i vari disegni dell’architetto relativi alla cappella, uno molto curioso la mostra a forma di piramide egizia. L’idea fu soppressa, perché forse troppo sopra le righe per la famosa austerità sabauda. Si optò alla fine per una chiesetta dalle forme neoclassiche riecheggianti il Pantheon di Roma, dietro la quale furono sepolti i Decurioni di Torino morti dopo il 1829.
L’inizio dell’edificazione fu possibile grazie ad uno stanziamento comunale di 10.000£. La spesa totale preventivata però ammontava a ben 375.000£! Una cifra simile -400.000£- fu pagata dai Savoia per l’acquisto della collezione Drovetti, con cui venne aperto al pubblico il Museo Egizio nel 1824, somma corrispondente all’epoca alla metà del bilancio della Pubblica Istruzione. Il Comune – allora come oggi – non aveva modo di racimolare tutti quei soldi e fu così che il sindaco, il marchese Carlo Tancredi Falletti di Barolo, filantropo e grande benefattore della città insieme alla moglie Giulia Colbert, donò 300.000£. Il Comune stabilì di ringraziarlo con un busto opera dello scultore Amedeo Lavy, conservato nella cappella d’ingresso. Il vicesindaco, Davide Revelly, seguendo l’esempio del marchese, ma ridimensionando parecchio la quota, donò a sua volta 3.000£. I lavori terminarono nel 1829, con l’entrata in attività del cimitero il 5 novembre.
L’accesso principale al camposanto è semplice e simmetrico (come quasi tutto a Torino!): al centro è la chiesa, fiancheggiata da due doppie cancellate e da due bassi fabbricati, da cui partono le mura di cinta. Nell’edificio a destra abitavano il cappellano e il sagrestano, mentre quello di sinistra era adibito a sala anatomica, magazzino lapidario e alloggio dei becchini. Oggi gli ambienti sono occupati dagli uffici dell’A.F.C. e della SoCrem.
La pianta del nucleo primigenio del cimitero è costituita da un ottagono inscritto in un quadrato (l’architetto Lombardi doveva amare questa forma, che utilizzò anche per Piazza della Repubblica, sede del mercato di Porta Palazzo), per un totale di circa 115.000 mq. L’interno del camposanto è diviso in quattro sottocampi e al centro è un piccolo Calvario: una collinetta con in cima una croce. Sotto di essa si trova un ossario.
Secondo il regolamento del cimitero, i defunti dovevano essere inumati ognuno all’interno di un feretro, perciò le tombe dovevano essere individuali e, in ottemperanza all’editto napoleonico di Saint-Cloud, identiche tra loro. Quindi in origine il Campo Primitivo, pieno di tombe singole allineate fra loro, appariva molto diverso rispetto ad oggi, che presenta soprattutto tombe di famiglia. In realtà non proprio tutte le tombe erano uguali… alle famiglie nobili era consentito collocare sculture ed epigrafi più elaborate. A questo fine erano riservati i nicchioni, le arcate in cui si suddivide il muro interno dell’ottagono. La loro numerazione inizia a destra dell’ingresso e si sviluppa in senso antiorario. Le sepolture vere e proprie si trovavano nell’aiuola di fronte al nicchione e a tutt’oggi sono questi le tombe e i monumenti più antichi del Monumentale (almeno ciò che resta di loro). Erano di proprietà privata e cancelletti e siepi di bosso li separavano dalle parti comuni.
I quattro angoli del cimitero erano riservati alle sepolture dei bambini non battezzati e di coloro che non potevano essere sepolti nel recinto consacrato, alla rimessa delle lettighe usate per il trasporto dei feretri e alle scuderie, all’orto di cappellano e sagrestano.
Moltissimi i personaggi illustri sepolti nel Campo Primitivo, dei quali ancora oggi possiamo rintracciare le tombe: Silvio Pellico, l’attrice Carlotta Marchionni, i pittori Giuseppe Bagetti, Andrea Gastaldi e Giovan Battista Biscarra, lo storico Luigi Cibrario, il medico Michele Buniva, lo scultore Amedeo Lavy, la famiglia Thaon di Revel, Paolo Sacchi, la Bela Rosin… tra le tombe più recenti: i registi Mario Soldati e Giovanni Pastrone, il pittore Gigi Chessa, la famiglia Pininfarina, la principessa Iolanda di Savoia, gli attori Erminio Macario e Isa Bluette… innumerevoli sono le sepolture andate perdute e quelle di personaggi invisibili, che ormai non significano più nulla per la maggior parte delle persone.
Tra gli artisti che hanno contribuito ad abbellire con le loro opere il Campo Primitivo, incontriamo: Giuseppe Bogliani, Giuseppe Dini, Pietro Canonica, Leonardo Bistolfi, Alberto Giacomasso, Edoardo Rubino… per citarne solo alcuni!
Allora armatevi di tempo (non basta certo solo un’ora!) e buona volontà per andare alle scoperta delle meraviglie artistiche e delle personalità che riposano nell’immenso Campo Primitivo. Dedicate anche qualche minuto per leggere le epigrafi che vi attirano di più e che potrebbero farvi scoprire una nuova storia, ma soprattutto lasciatevi guidare nella vostra esplorazione dall’atmosfera e dall’ispirazione. Tornerete a casa sicuramente stanchi, ma tanto più ricchi (spiritualmente, s’intende!).
E se volete visitare il Campo Primitivo con la civetta di Torino… CONTATTATEMI!