UCCELLO DEL PARADISO
La Paradisaea ci compare davanti ogni anno a Natale raffigurata sulle carte del Mercante in Fiera, ma la possiamo trovare anche in quel bel giardino che è il Cimitero Monumentale di Torino. Lì c’è una grande varietà di piante e animali resi in pietra o in bronzo e non mancano le creature esotiche. Proprio come l’Uccello del Paradiso, famoso per il suo variopinto piumaggio sfoggiato dagli esemplari maschi durante il corteggiamento (e qui il parallelo con alcuni maschi di homo sapiens sapiens sarebbe d’uopo, ma evitiamo).
Ne esistono varie specie. Quella che ci interessa è la Paradisaea Apoda, che popola la Nuova Guinea Meridionale e le isole Aru.
Un tempo il volatile era venerato dagli indigeni locali che vedevano in lui l’uccello delle divinità, forse per la sua bellezza quasi soprannaturale. Veniva imbalsamato per far risaltare i colori delle piume: il suo corpo era svuotato e disossato, privato di ali e zampe (“apoda” significa “senza zampe”) e infine affumicato.
Così combinato, l’uccello sbarcò in Europa nel 1522 e venne accolto alla corte del re Carlo V di Spagna. Portato dall’unica nave superstite della flotta di Magellano di ritorno dopo tre anni dalla circumnavigazione del globo, fu descritto dal secondo di Magellano, Antonio Pigafetta, nella sua “Relazione del primo viaggio intorno al mondo”:
“Questi uccelli sono della grandezza di una tortora… non hanno ali, ma penne lunghe di vari colori… hanno opinione questi Mori che questo uccello venga dal Paradiso Terrestre, e chiamanlo manucodiata, cioé uccello di Dio”
L’Uccello del Paradiso lasciò tutti di stucco per le sue tonalità sfavillanti. Inoltre la sua leggerezza e l’assenza delle zampe contribuirono al diffondersi della leggenda secondo cui passasse tutta la vita in volo senza mai toccare il suolo. Perciò questi pennuti vennero anche detti “Silfi”, spiriti dell’aria. Il loro volo senza sosta simboleggerebbe la tenacia delle fede e dello spirito.
Col passare del tempo il commercio delle preziose pelli si diffuse sempre più. Si arrivò, durante il XIX secolo, ad importarne 80.000 all’anno: finivano ad arricchire i cappellini e i vestiti di ricche dame modaiole, impoverendo però le foreste della Nuova Guinea. La totale estinzione della Paradisaea è stata evitata: dal 1920 la caccia e il suo commercio sono vietati.
Nel Cimitero Monumentale di Torino la Paradisaea è presente come simbolo dell’anima vicina a Dio e lontana dalle impurità e vanità delle cose terrene, proprio quelle che anni fa stavano quasi provocando la scomparsa del meraviglioso uccello degli dei.
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